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LA RESPONSABILITÀ DEL PROPRIETARIO NON COLPEVOLE TRA RISARCIMENTO DEL DANNO
AMBIENTALE E MESSA IN SICUREZZA DEL SITO CONTAMINATO
La previsione normativa è frutto dell’attuazione della Direttiva
2004/35/CE, che delinea un sistema di responsabilità ambientale distinguendo
una responsabilità che prescinde dalla colpa per il danno causato da attività
pericolose e una responsabilità colposa per il danno causato da attività non peri-
colose . La pluriforme responsabilità per danno ambientale contenuta nella
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Direttiva citata è affermata dalla Corte di Cassazione SS.UU. con la sentenza n.
3077 del 1° febbraio 2023, che valorizza la differenziazione tra le diverse
responsabilità a seconda dei casi e delle esigenze evidenziate nella Direttiva stes-
sa . Si vedrà approfonditamente come le Sezioni Unite ripensino la responsa-
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bilità per danno ambientale, sganciandola dalle regole degli artt. 2043 e ss. e
riconoscendo la vigenza di un regime normativo speciale.
3. Il risarcimento del danno ambientale
L’originario art. 311 del D.Lgs. n. 152 del 2006 prevedeva una disciplina
improntata sulla priorità del risarcimento in forma specifica (ossia del ripristino
ambientale) rispetto al risarcimento per equivalente, che si applicava nei casi in
cui mancava il ripristino. La disposizione è stata oggetto di procedura d’infra-
zione da parte della Commissione Europea, che contestava all’Italia la violazio-
ne della Direttiva n. 2004/35/CE, la quale prevede che il danno all’ambiente
deve essere risarcito solo attraverso misure riparative .
(10)
(8) Francesca Degl’Innocenti, I criteri di imputazione della responsabilità per danno ambientale, in
Contratto e Impr., 2013, 3, 741, Più precisamente, la scelta per una responsabilità di tipo oggettivo è stata
ritenuta più opportuna con riferimento ad attività professionali che, in base alla normativa comunitaria,
richiedono particolari requisiti normativi in quanto presentano un rischio potenziale o reale per la salute
umana o per l’ambiente, come l’industria dell’energia, le raffinerie, le cokerie, le attività di produzione e lavo-
razione di metalli, l’attività estrattiva e quella chimica, la gestione dei rifiuti (attività espressamente indicate
nell’allegato III della direttiva). La responsabilità a titolo di colpa viene, invece, prevista per qualsiasi attività
professionale, non rientrante fra quelle di cui all’allegato III, che arrechi un danno - «generico» - alla biodi-
versità (alle specie e agli habitat naturali).
(9) Il criterio d’imputazione della responsabilità proprio della Direttiva è invero ricavabile per un verso dalla
sua valorizzazione di tipo oggettivo, la più efficace a tutela dell’ambiente e tuttavia con la possibilità, per-
messa agli Stati membri, di mediare le esigenze dello sviluppo economico, costruendo modelli di responsabilità
mista, come forme eccezionali di esonero se il danno è riconducibile ad una terza fonte e nonostante ogni misu-
ra di sicurezza o per effetto di un ordine dell’autorità (art. 8, comma 3); parimenti, rileva il principio della
colpa del soggetto agente, come previsto dall’art. 8, comma 4, lett. a) e b), per il quale l’operatore può essere
escluso dal sostenere i costi delle azioni di riparazione assunte secondo la Direttiva se provi che non gli sia
attribuibile un comportamento doloso o colposo; per altro verso, e pertanto, ai sensi dell’art. 3 e per quanto
qui d’interesse, la mancata elencazione di un’attività professionale tra quelle pericolose determina che il danno
o la sua minaccia implichino una responsabilità solo ai sensi di un preciso criterio d’imputazione psicologico
della relativa condotta, nell’ulteriore presupposto di una prova del nesso causale tra attività svolta dall’ope-
ratore, come in premessa definito dalla Direttiva e perciò individuabile e danno ambientale.
(10) Franco Bonelli, il risarcimento del danno all’ambiente dopo la legge n. 97/2013, in Ambiente e sviluppo,
2014, 5, 376.
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