Page 139 - Rassegna 2023-4
P. 139
LA RESPONSABILITÀ DEL PROPRIETARIO NON COLPEVOLE TRA RISARCIMENTO DEL DANNO
AMBIENTALE E MESSA IN SICUREZZA DEL SITO CONTAMINATO
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 10 del 2019,
ha affermato che il danno all’ambiente è inquadrabile nella fattispecie generale di illecito
civile ex art. 2043 cod. civ. e che la sua natura di illecito permanente consente di ritenere il
relativo responsabile soggetto agli obblighi, risarcitori ed in primis di reintegrazione o ripristi-
no dello stato dei luoghi, da esso derivanti.
L’inquadramento del danno all’ambiente nell’alveo dell’art. 2043 ha susci-
tato dubbi in ordine alla compatibilità degli obblighi previsti dal Codice
dell’Ambiente (e specificamente dal Titolo V della Parte IV del d.lgs. 152/2006)
con il sistema civilistico improntato su una responsabilità che necessita dell’ele-
mento soggettivo. In particolare viene sottolineata l’incompatibilità con il para-
digma dell’art. 2043 cod. civ. del regime di responsabilità oggettiva previsto, in
determinati casi, dal d.lgs. 152 del 2006 .
(2)
Prima di passare ad esaminare le norme sul danno all’ambiente, può dirsi
come siffatto dibattito non possa non tener conto dell’evoluzione normativa e
interpretativa che ha caratterizzato la responsabilità civile, non più caratterizzata
dall’irrinunciabilità della colpa. Le prime letture dell’art. 2043 riferivano
l’”ingiustizia” non al danno ma al fatto dannoso, con la conseguenza che il fatto
antigiuridico doveva necessariamente essere colposo . Collegando l’ingiustizia
(3)
non al fatto ma al danno, si apre la strada a criteri alternativi di imputazione
della responsabilità che prescindono da condotte colpevoli . Questo non signi-
(4)
fica che regole alternative di imputazione siano per ciò solo derogatorie rispetto
ad un principio generale.
(2) Claudio Viviani, Elisabetta Sordini, siti contaminati e responsabilità civile, cit. Tuttavia, meno pacifica
ed evidente appare la riconducibilità alla generale clausola aquiliana di cui all’art. 2043 c.c. Infatti, come si
è visto, almeno per le attività professionali di cui all’allegato III alla Dir. 2004/35/CE e alle corrispondenti
norme interne di recepimento, il regime di responsabilità è oggettivo, ed è dunque diverso da quello general-
mente vigente in materia di responsabilità civile. La responsabilità in questione, infatti, non solo prescinde
dall’elemento soggettivo ma si estende anche al rischio lecito (11), elementi entrambi profondamente divergenti
rispetto alla fattispecie di cui all’art. 2043 c.c.
(3) Caringella Francesco, Buffoni Luca, Manuale di Diritto Civile, Dike Editore, 2020, pag. 1438:
Coerente con la descritta impostazione (…) è quindi l’dea dell’irrinunziabilità del coefficiente psicologico
almeno colposo come condizione per l’imputazione della responsabilità par fatto illecito dell’autore della con-
dotta attiva od omissiva causalmente produttiva del danno.
(4) Caringella Francesco, Buffoni Luca, Manuale di Diritto Civile, cit., L’ingiustizia viene riferita non
più al fatto (i.e. al comportamento dell’agente) bensì al danno, in una prospettiva vittimologica più coerente
con il tenore letterale della norma e con la sua ratio intesa non tanto a stigmatizzare condotte colpevoli quanto
a verificare quale possa essere il soggetto sul quale sia più giusto traslare il peso economico del danno (…).
Si scardina l’idea della irrinunciabilità della colpa (se l’ingiustizia afferisce al danno, questo è risarcibile ex
se a prescindere dalla ricorrenza della colpa) con ciò affermando criteri alternativi di imputazione della
responsabilità allo scopo di traslare la stessa su soggetti incolpevoli. La colpa, costituente uno dei criteri di
imputazione del fatto, non è né necessaria né sufficiente per addebitare l’obbligo risarcitorio: non è necessaria
nella misura in cui l’ordinamento prevede anche criteri di imputazione di stampo oggettivistico; non è suffi-
ciente se si considera che un fatto colposo può non generare un danno ingiusto.
137