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LA TUTELA PENALE DEL PATRIMONIO CULTURALE INVISIBILE (O INCOGNITO)
3. L’individuazione del patrimonio culturale “invisibile” (o incognito)
Entrando in medias res, al fine evitare equivoci, è opportuno fin d’ora
distinguere il patrimonio culturale “invisibile” da categorie analoghe, con le
quali potrebbe confondersi. Prima di tutto esso non si identifica con il patrimo-
nio culturale immateriale, a cui pertengono linguaggio, musiche, canti, tradizio-
ni, riti, feste tradizionali, spettacoli, fiabe tradizionali, cerimonie, proverbi, cibi
del territorio ecc. Benché nelle “cose d’arte” la disciplina giuridico-patrimo-
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niale (statale, regionale, comunale, privata) conviva con una forte componente
immateriale-spirituale e benché quest’ultima sia così da rilevante da sostanziare
il valore storico, artistico ecc., che funge da base giustificativa della tutela ,
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anche il patrimonio culturale invisibile consiste in res qui tangi possunt.
Ciò vale sia per le “cose” non ancora conosciute e tuttavia scoperte for-
tuitamente o a seguito di ricerche (art. 91, 10 CBC), sia per le “cose”, non costi-
tuenti beni culturali, “a chiunque appartenenti che presentino interesse culturale,
siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta
anni” o degli “archivi e dei singoli documenti, appartenenti a privati, che pre-
sentino interesse culturale” (art. 65 CBC). Benché la scelta tradizionale di anco-
rare il patrimonio culturale a oggetti o gruppi di oggetti aventi consistenza
materiale abbia trovato timide aperture , non si può non prescindere dal dato
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positivo, che è univoco, come si è visto (perfino la nozione residuale di cui
all’art. 2 comma 2 CBC fa riferimento a “cose”).
D’altra parte, sul versante penalistico, ben difficilmente si potrebbe imma-
ginare una repressione di condotte incidenti su beni dotati di valore culturale
ma non dotati di corporeità. Né sembra che un mutamento di avviso possa
derivare dal fatto che la recente legge 9 marzo 2022, n. 22 nel traslare nel
Codice Rocco gran parte delle disposizioni penali ha omesso sia di delineare
una definizione del bene culturale “agli effetti penali” , sia di richiamare in
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(10) G. Severini, Artt. 1, 2, in AA.VV., Codice dei beni culturali e del paesaggio, a cura di M. A. Sandulli,
Giuffrè, Milano, 2006, p. 24.
(11) Sul punto, V. Cerulli Irelli, Beni culturali, diritti collettivi e proprietà pubblica, in AA.VV., Scritti in
onore di M. S. Giannini, Giuffrè, Milano, 1988, I, pp. 140 ss; P. Ferri, Beni culturali e ambientali
nel diritto amministrativo, in Dig. Disc. Pubb., II, UTET, Torino, 1987, p. 218 in cui si afferma
che l’identità dei beni culturali è connessa “ad un valore ideale che risulta profondamente
compenetrato nell’elemento materiale”.
(12) Sulle potenzialità insite nell’art. 148, comma 1, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, al fine di esten-
dere le categorie di beni culturali, M. Ainis, M. Fiorillo, I beni culturali, in AA.VV., Trattato di
diritto amministrativo, a cura di Cassese, II, Giuffrè, Milano, 2000, pp. 1067 ss.
(13) Sul punto già G. De Marzo, La nuova disciplina sanzionatoria dei beni culturali, in Foro it., 2022, 4,
c. 126; C. Iagnemma, I nuovi reati inerenti ai beni culturali. Sul persistere miope di una politica criminale
ricondotta alla deterrenza punitiva, in Arch. pen., 2022, I, p. 7; A. Natalini, Riforma ipertrofica e casi-
stica senza una norma definitoria, in Guida al diritto, 2022, n. 13, p. 28.
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