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IL CONTRASTO ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA.
                             LA FORZA ESPANSIVA DELLE CONFISCHE DI SPROPORZIONE




                    Strumenti e applicativi che sollecitano il ricorso a tali istituti.
                    Non mancano dubbi su tali misure aggressive del patrimonio in relazione a
               settori dove a ben vedere vi erano già interventi mirati, quali il DASPO per la cri-
               minalità da stadio o l’allontanamento dalla vittima nello stalking. Ed ancora, anco-
               ra quanto ai beni del defunto, si chiede una prova ancora più diabolica, quale il
               riuscire a dimostrare che il bene ricevuto in eredità non ha nulla a che vedere,
               nemmeno a livello di semplici sospetti, con la criminalità organizzata e ciò, ovvia-
               mente, riguarda anche il comportamento del de cuius nei confronti di questa.
                    La sentenza della Corte EDU De Tommaso      (74)  ha propriamente condan-
               nato lo Stato italiano a causa dell’indeterminatezza delle prescrizioni di “osser-
               vare le leggi” e “vivere onestamente”, di cui alla novella del 2017, che tuttavia
               dal suo canto aveva cercato di compiere un passo verso la concretezza soppri-
               mendo il pregresso inciso relativo al “non dare adito a sospetti”.
                    Rileva un dato di non poco momento.
                    La Corte non ha ravvisato in tale genericità una violazione dell’articolo 7
               della CEDU, ovverosia la prevedibilità delle decisioni giudiziarie, come “versan-
               te soggettivo” del principio di stretta legalità; giacché tanto avrebbe comportato
               inquadrare le misure di prevenzione in ambito penalistico, così contraddicendo
               un orientamento giurisprudenziale consolidato ed avverso, sia a livello naziona-
               le, che anche comunitario, secondo cui le misure di prevenzione apparterrebbe-
               ro al diritto amministrativo.
                    Secondo  la  Corte  tali  prescrizioni  contrasterebbero  con  l’art.  2  del
               Protocollo n. 4 della C.E.D.U., con cui si tutela la libertà di circolazione, che
               sicuramente viene incisa dalle misure di prevenzione di carattere personale; ma
               una tale lesione è originata da presupposti assolutamente generici e, in quanto
               tali, costituenti il vero punctum dolens del contrasto con la CEDU. Già nel 1980,
               sul punto, e la Corte costituzionale italiana aveva già dichiarato l’illegittimità dei
               c.d. “proclivi a delinquere” , come presupposto delle misure di prevenzione,
                                          (75)
               evidentemente per motivi sostanzialmente analoghi a quelli della Corte EDU,
               ma individuando il contrasto con l’art. 25, comma 2, Cost.
                    Va rilevato che anche la Corte costituzionale italiana ha abbandonato la
               tesi penalistica delle misure di prevenzione, ritornando quindi in auge l’opinio-
               ne dissenziente dell’allora giudice della Corte EDU, Pinto de Albuquerque, che
               giustamente aveva fatto riferimento alla “truffa delle etichette” .
                                                                            (76)
               (74)  Corte EDU, 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia [GC], 43395/09.
               (75)  Corte Costituzionale, n. 177 del 1980.
               (76)  Le opinioni di Pinto de Albuquerque, 1. De Tommaso c. Italia [GC], ricorso n. 43395/09, 23
                    febbraio 2017 - Natura della privazione della libertà nel contesto delle misure di prevenzione personali,
                    applicabilità delle garanzie dell’equo processo e rimedi interni, www.archiviopenale.it.

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