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UN DOVERE SPECIALE VERSO LA REPUBBLICA E LA COSTITUZIONE.
                                       DISCIPLINA, ONORE, GIURAMENTO




               Ma come si può pretendere la fedeltà interiore, la convinta e sincera adesione a
               principi e valori? In fondo, potrebbe non essere neppure necessario per garan-
               tire i diritti, la pace sociale e il buon funzionamento delle istituzioni dello Stato.
               Meslier rimase sempre dalla parte dei poveri, come un buon cristiano deve fare.
               Ma non per fedeltà a un Dio in cui non credeva, nonostante l’abito che indos-
               sava e le funzioni che svolgeva. E chi può garantire che, passando a servire la
               Repubblica,  tutti  i  Carabinieri  abbiano  abbandonato  la  fede  monarchica  alla
               quale certamente li orientava il loro giuramento?
                    Sono questi i dubbi e le perplessità che emersero anche nel confronto
               sull’opportunità di “costituzionalizzare” il giuramento che si svolse nella seduta
               del 19 dicembre 1946 della prima Sottocommissione della Commissione per la
               Costituzione . È Ottavio Mastrojanni, che era stato eletto nelle liste del Fronte
                            (3)
               dell’Uomo Qualunque, a sollevare la questione decisiva: si può ordinare un giu-
               ramento, che non può che essere liberamente espresso dalla coscienza, della
               quale nessuno può penetrare il segreto? Non si tratta forse – potremmo aggiun-
               gere – di un tentativo azzardato di travalicare il limite della sfera giuridica, pre-
               tendendo non solo l’obbedienza alle leggi ma anche l’omologazione morale,
               destinata ad apparire tanto più sospetta nell’atto di fondazione di un regime
               democratico? La tesi di Mastrojanni era che il giuramento dovesse restare limi-
               tato alla sua funzione processuale e valere dunque per periti, interpreti, testimo-
               ni. Egli, per esempio, non vedeva perché il magistrato che amministra la giusti-
               zia dovesse giurare fedeltà alla legge, che «ha in sé una forza coattiva, per cui la
               sua violazione porta come conseguenza una sanzione» .
                                                                    (4)
                    Nella seduta della Costituente del 20 maggio 1947, nella quale si discus-
               sero appunto gli artt. 50 e 51 del Progetto, il repubblicano Arnaldo Azzi, pro-
               ponendone la fusione, tornerà a sottolineare l’ambiguità della pretesa di vin-
               colare l’interiorità e la coscienza dei cittadini, anziché limitarsi a verificarne i
               comportamenti.  E  lo  farà  puntando  direttamente  sul  dovere  che  si  vuole
               adempiuto da tutti, quello di fedeltà alla Repubblica: «A me pare che questa
               disposizione  possa  aver  valore  per  chi  senta  il  dovere  di  essere  fedele  alla
               Repubblica  ed  è  evidente  che  un  tale  cittadino  sarà  fedele  alla  Repubblica
               anche senza bisogno di sancirlo con una norma costituzionale; ma per chi


               (3)  Il resoconto della seduta è disponibile all’indirizzo: https://documenti.camera.it/_dati/costi-
                    tuente/lavori/I_Sottocommissione/sed050/sed050.pdf. Consultato il 23 gennaio 2023.
               (4)  Mastrojanni conclude il suo intervento sottolineando come il giuramento debba essere in
                    ogni caso alla Repubblica, ma non al Capo dello Stato, «perché in regime democratico sem-
                    bra assurdo che un cittadino debba ricevere il giuramento degli altri cittadini, quando la sua
                    funzione è transitoria e quando egli rappresenta il più alto magistrato, ma non ha nessun
                    attributo di sovranità».

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