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LIBRI
Police in conflict:
lessons from the U.S. experience in Afghanistan
2022, pp. 306
Il dodicesimo rapporto dello Special Inspector General for
Afghanistan Reconstruction (SIGAR) “Police in conflict: les-
sons from the U.S. experience in Afghanistan”, pubblica-
to il 1° giugno 2022, tre giorni dopo la consegna al
Congresso degli Stati Uniti, è frutto di un progetto di
ricerca e raccolta di lezioni a cui ha attivamente parteci-
pato il Centro d’Eccellenza della NATO per la Polizia di
Stabilità, svolgendo anche una missione in Afghanistan,
in virtù di un Cooperation Agreement firmato con il SIGAR
a dicembre 2019 e che sarà prorogato fino al 31 dicembre
2024, data in cui il SIGAR cesserà il proprio mandato.
Nelle sue 336 pagine, in lingua inglese, il volume offre un’accurata raccolta di
osservazioni e raccomandazioni frutto dell’analisi degli avvenimenti principali che
hanno contraddistinto il ventennale impegno degli Stati Uniti e della Comunità
Internazionale in Afghanistan (2001-2021), nel fornire assistenza all’Afghan
National Police (ANP), con l’obiettivo di creare un una forza di polizia responsabile
ed efficace che proteggesse la popolazione dalle attività criminali e sostenesse lo
stato di diritto.
I contenuti del rapporto, strutturati in key findings, lessons e reccomendations, eviden-
ziano come la mancanza di un’autorità civile preposta all’applicazione della legge
aumenta il rischio per un Paese di rimanere instabile o di ritornare a un conflitto.
Nel caso dell’Afghanistan, nonostante l’enorme dispendio finanziario internaziona-
le, le forze di polizia, a eccezione di alcuni reparti specializzati, sono risultate deboli
o inesistenti. Nel complesso, l’ANP si è dimostrata incapace di far rispettare la legge
e di proteggere i cittadini afghani dagli attacchi dei Talebani e dello Stato Islamico
e di assicurare che l’Afghanistan non diventasse un rifugio sicuro per terroristi inter-
nazionali. Nell’agosto 2021, quattro mesi dopo l’annuncio del ritiro completo dei
militari statunitensi dall’Afghanistan, le forze di sicurezza afgane, polizia compresa,
si sono dissolte, aprendo la strada ai Talebani in tutto il Paese degli aquiloni.
Tra i vari altri fattori che hanno contribuito a questo epilogo vi è, quindi, la sto-
rica mancanza di una forza di polizia efficace dedicata alla protezione dei propri
cittadini. La polizia è esistita per proteggere il potere del governo, spesso attraverso
mezzi corrotti o abusivi, operando nella quasi totale impunità. Il governo afghano
e la comunità internazionale non hanno ritenuto responsabili gli agenti di polizia
afgani, in particolare quelli con legami politici, per numerosi atti di corruzione e
violazioni dei diritti umani: estorsioni, detenzioni arbitrarie, torture e persino ese-
cuzioni extragiudiziali. Tale fattore ha creato un vuoto di fiducia tra la popolazione
afghana e le istituzioni, lasciando ai Talebani l’occasione di colmarlo.
Attraverso l’analisi delle vicende afghane in cui i vari attori internazionali
(NATO, ONU, Unione Europea e Stati Uniti, i principali) sono risultati impegna-
ti, il documento evidenzia le criticità del cosiddetto “light foot-print approach”
tenuto dalla Comunità Internazionale, mantenendo un esiguo numero di truppe,
anziché schierare rapidamente in teatro un robusto assetto militare con capacità di
polizia, per stabilizzare ciò che era, almeno in quel momento, un paese post-bellico.
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