Page 202 - Rassegna 2023-1
P. 202

Prolusione del Comandante delle Scuole dell’Arma dei Carabinieri
             Generale di Corpo d’Armata Giuseppe Governale


                  Reverendo buongiorno.
                  Diamo il benvenuto a questa Arciconfraternita che cura, tra le altre cose,
             la memoria di Rosario Livatino. Questa mattina abbiamo qui alla Scuola il pri-
             vilegio di ospitare le reliquie di un giovane Uomo e di un grande Magistrato.
                  Grande perché ha saputo sapientemente coniugare una terra molto diffi-
             cile quale è la Sicilia - straordinaria ma difficile - particolarmente complessa
             dove “due più due” difficilmente fa quattro. Ha saputo coniugare, dicevo, alcu-
             ne qualità che sono indispensabili per l’uomo, sono indispensabili per un magi-
             strato, sono indispensabili per un giudice.
                  L’ha fatto con grande sobrietà, con grande compostezza umana, persona-
             le, professionale riferibile all’alto magistero, quello di giudicare.
                  La cifra distintiva di Rosario Livatino è l’umiltà. Nasce in una località con
             riferimento alla quale negli anni settanta gli ufficiali dicevano ai carabinieri “se
             non fai il bravo ti mando a Canicattì”. Nasce per l’appunto a Canicattì. Una
             località che conosco, non tanto perché sono di Palermo, ma perché ho avuto la
             fortuna e il privilegio di comandare la Legione Carabinieri Sicilia.
                  Canicattì è in terra di mafia. Rosario Livatino nasce in terra di mafia, da
             una famiglia umile dove umile non coincide con modestia. L’Umiltà è forse la
             più grande delle doti che lui coltiva; non si lascia trasportare dal vento dell’au-
             torità o da quello del potere fine a sé stesso. Un vento vacuo. Perché al vento
             poi si alterna la bonaccia. Se oltre all’Umiltà non c’è la spinta motivazionale,
             non ci sono i sacri principi, quelli dell’etica, la bonaccia prende il sopravvento.
             Lui ha grande motivazione. Inizia subito il percorso in magistratura, quasi subi-
             to  dopo  la  laurea,  e  in  terra  di  mafia  svolge  prima  le  funzioni  di  Pubblico
             Ministero alla Procura della Repubblica di Caltanissetta, per poi essere trasferito
             ad Agrigento dove fa il Giudice. La sua azione è veramente improntata all’etica,
             all’autonomia, all’indipendenza della magistratura e alla apoliticità. Di queste
             quattro caratteristiche, certamente due non ci appartengono e né ci possono
             appartenere: l’autonomia e l’indipendenza ovviamente. Ma l’etica e l’apoliticità,
             sono e devono essere costume dell’Arma. L’Arma fa della apoliticità e dell’eti-
             ca ragione di esistenza e quindi non ci coinvolgeranno nelle fasi colloquiali e
             contraddittorie, per esempio, successive alla cattura del latitante più famoso
             al mondo. L’Arma rimane sé stessa. Fuori dai riflettori, continua a fare il suo
             lavoro, in maniera sobria, in maniera umile. Umile significa al servizio dello
             Stato e della Nazione così come ha fatto Rosario Livatino.

             200
   197   198   199   200   201   202   203   204   205   206   207