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INSERTO
CRISTINA
Cristina Golinucci scompare il 1° settembre del 1992 a Cesena. La
ragazza ha vent’anni, una forte fede cattolica e insegna catechismo. Quel
giorno, dopo pranzo, sale al Convento dei Cappuccini di Cesena per par-
lare con Padre Lino Ruscelli, un frate e suo referente. Arrivata a destina-
zione, parcheggia la sua auto, una vecchia fiat 500 azzurra, e da quel
momento di Cristina non si sa più niente. La sera, i genitori sono già in
allarme, in quanto la giovane era sempre puntuale e, in caso di ritardo,
aveva la buona abitudine di avvertire.
Al telefono, Padre Lino racconta che l’appuntamento con Cristina
era alle 14:30, ma, non avendola vista arrivare, dopo mezz’ora si era rite-
nuto libero dall’impegno. Il giorno dopo, però, la Fiat 500 viene ritrovata
nel parcheggio del convento. La ragazza, dunque, sembra essere giunta a
destinazione; poi cosa è accaduto?
Abbiamo ascoltato la signora Marisa, la madre di Cristina e le abbiamo
chiesto di raccontarci come avesse vissuto ed elaborato cognitivamente la
scomparsa. Siamo partiti dall’inizio, da quando la ragazza, sempre puntuale,
non rincasò. La madre ci ha raccontato che lei e suo marito iniziarono a pre-
occuparsi dalle sette di sera di quel primo settembre e rimasero in attesa del
suo ritorno fino alle sette della mattina seguente: “Siamo rimasti alzati, c’era ancora
mio marito, fino a mezzanotte, per cercare di farsi un’idea di cosa poteva essere successo…
non era da lei… poi quando siamo rimasti soli, perché a mezzanotte gli amici e i carabinieri
erano andati via, io mi son sentita… stavo perdendo proprio le forze e poi ho visto gli occhi
di mio marito supplichevoli di non cedere, lui era anche più debole di me, però io in quel
momento non ero più io, cioè una persona forte… allora cosa ho fatto? Dalla camera da letto
nella quale mi ero rintanata sono andata in cucina, che dà sulla strada, ho acceso la luce e
abbiamo fatto il caffè. Ci siamo messi a parlare, a parlare, e ad aspettare. Alle due del mat-
tino sento arrivare una macchina qui, mi affaccio alla finestra ed era il ragazzo che abitava
in una casa che stava a dirimpetto. Lui non sapeva che Cristina non era rientrata e mi dice:
“Marisa, sono io Marcello, ciao, buonanotte”, io non gli dico niente e mi ritiro. Quella era
una speranza di sentire arrivare una macchina, di aspettarla… quando sono state le sette
del mattino, noi abbiamo preso il telefono per avvertire tutti i parenti… e ho capito che mia
figlia non la vedevo più. Mi sentivo proprio questa cosa che non la vedevo più viva”.
La signora Marisa, dunque, ci ha spiegato che sin da subito immagi-
nò lo scenario peggiore per la sorte di sua figlia, proprio perché la cono-
sceva bene e sapeva quali fossero le sue abitudini.
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