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L’ESERCITO SILENTE
I primi venti giorni successivi alla scomparsa furono molto duri per
Marisa; ci ha raccontato, infatti, che non riusciva neanche ad uscire di casa
e continuava a sperare e pensare, giorno e notte, di poter ritrovare sua
figlia; la sera, quando a casa non vi erano polizia o carabinieri, si recava
in chiesa per recitare il rosario per Cristina. Lei la cercava e continua a cer-
carla ancora oggi: “io speravo che mia figlia fosse viva… però la cercavo e la sentivo
morta, perché come mamma io stavo male al solo pensiero che lei forse era viva ma
sotto a qualcuno che le faceva del male, sequestrata contro la sua volontà. E se fosse
stato tutto di sua volontà, va cercata lo stesso, perché comunque vuol dire che non è più
lei, non è la Cristina che io conosco… Io… solo al pensiero che lei stava fuori di casa
contro la sua volontà per me era un tormento”.
La signora Marisa ci ha descritto sua figlia come una ragazza che
parlava molto, si confidava con i genitori, esternava i suoi problemi e, per
tale ragione, aveva bisogno di “essere aiutata, cercata… viva se possibile”, poi-
ché molto probabilmente si trovava in difficoltà.
Da quel giorno la vita dei coniugi Golinucci è cambiata: si è concen-
trata molto sulle ricerche, vivendo duplici emozioni: “c’era un’alternanza di
stati emotivi contrastanti: speranza e disperazione. Di giorno io “combattevo” con le
persone e con me stessa perché io non volevo piangere davanti alla gente, però la notte
la disperazione era tanta… però non ci siamo mai isolati, facevamo delle rimpatriate
con le persone che ci sono state vicino”.
La signora Marisa ci ha spiegato il loro rapporto con il tempo che
passa: si sono sempre concentrati sul presente e sul futuro, poiché è pro-
prio da quest’ultimo che potrebbero arrivare delle risposte; non si sono
chiusi in casa, non hanno smesso di fare ciò che amavano “e di questo sono
contenta - dice - perché siamo riusciti a vivere abbastanza, nonostante tutte le cose
negative e la storia di Cristina, con la speranza”.
Le segnalazioni donavano speranza ai familiari di Cristina, i quali
ascoltavano tutti, anche i sensitivi: “Siamo andati anche a Milano, siamo stati
anche qui a Brescia… c’era chi ci diceva che Cristina era seppellita da qualche parte
lì, nel convento, un altro ci diceva che era da altra parte…”.
Abbiamo chiesto a Marisa se secondo lei, tenendo conto della sua
esperienza, nei casi di scomparsa si desidera rimanere nel limbo e credere
che il proprio caro sia ancora vivo da qualche parte, mantenendo viva la
speranza, oppure si vuole a tutti i costi trovare il corpo, o quel che ne
resta, per mettere fine all’agonia dell’assenza.
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