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L’ESERCITO SILENTE





                       Laura ci ha spiegato che le segnalazioni che riceveva, mantenevano
                  viva la speranza, che le dava ossigeno e sollievo: “Ogni segnalazione rinnovava
                  in me la speranza ed è per questo che sono andata in tantissime trasmissioni a rinnovare
                  gli appelli... quindi per me questo era proprio il senso della mia vita”. Laura ci ha
                  spiegato di non aver mai creduto ai sensitivi, soprattutto perché lei non
                  stava ricercando una persona morta, considerava la scomparsa di suo figlio
                  una condizione momentanea.
                       Per scongiurare lo scenario peggiore, Laura lo ha sempre immagi-
                  nato vivo e in giro per il mondo: “mi dicevo che dovevo rimanere lucida e forte
                  perché quando Davide torna... non mettevo neanche il condizionale perché per me
                  sarebbe tornato”; ha affermato di non aver avuto il coraggio di viaggiare
                  durante i primi anni successivi alla scomparsa del figlio, poiché voleva
                  farsi trovare a casa nel momento in cui il figlio sarebbe tornato: “non ho
                  mai avuto il coraggio di muovermi per un bel po’ di anni... poi ho cominciato perché,
                  insomma, sono molto legata alla Sicilia, la terra che ha visto crescere Davide e nella
                  quale vorrei tornare a vivere... e quindi dopo un bel po’ di anni ho ricominciato ad
                  andare  in  Sicilia  per  l’estate...”.  Anche  dopo  aver  ripreso  a  viaggiare,  ha
                  ammesso di aver “sempre lasciato una persiana aperta, anche col rischio che potes-
                  sero entrare i ladri”.
                       Nel tempo, Laura si è posta molte domande, tentando di dare una
                  spiegazione all’assenza del figlio. Per esempio, ci ha raccontato di aver ini-
                  ziato a pensare che “Davide, per qualche ragione, avesse perso la memoria e infatti
                  io la prima cosa che dicevo a tutti era di chiamarlo per nome se lo vedevano, perché alla
                  fine il nome resta nel subconscio, per quanto uno possa non ricordare da dove viene, il
                  nome resta”.
                       Dopo dodici lunghi anni di silenzio, Laura non sa ancora cosa sia
                  realmente accaduto al figlio, né ha mai provato qualche tipo di sollievo
                  dopo il recupero di quei resti, che comunque a messo la parola fine ad
                  un’attesa potenzialmente infinita: “è un dramma che non elaborerò mai... non lo
                  so se morirò senza sapere quel perché. Io so solo il ‘dov’è ma mi manca il ‘come’, il
                  ‘quando’ ed il ‘perché?’ ”. Questa ignoranza nei confronti delle circostanze
                  della dipartita del figlio non le permette attivare alcun processo di elabo-
                  razione. Ad oggi Davide non ha avuto ancora un funerale. I suoi resti
                  sono contenuti in una scatola infiocchettata all’interno dell’armadio - “un
                  metro e ottanta di splendido uomo in una scatola di scarpe...” - e potrebbero esse-
                  re utilizzati per comparazioni future.


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