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L’ESERCITO SILENTE





                  ANTONIO
                       Il signor Antonio Loconsole era un uomo di 72 anni in pensione
                  che ha passato la sua vita a lavorare come vigile del fuoco ed abitava nel
                  quartiere di Poggiofranco a Bari con la moglie, che da anni lo assisteva
                  insieme alle quattro figlie; l’uomo, infatti, era malato di Alzheimer.
                       La mattina del 4 agosto 2006, intorno alle 6:00 del mattino, secondo
                  i racconti dei familiari, chiese di uscire con insistenza alla moglie, la quale
                  tentò  di  dissuaderlo.  Tuttavia,  nonostante  i  tentativi  di  fargli  cambiare
                  idea, mezz’ora dopo si allontanò da solo e non tornò più. Le ricerche si
                  attivarono subito in tutta la città e numerosi furono gli avvistamenti, ma
                  purtroppo nessuno è ancora riuscito davvero a rintracciarlo.
                       Annalisa Loconsole è una delle quattro figlie di Antonio ed è convinta
                  che, nonostante siano passati tutti questi anni da quella mattina di agosto,
                  il padre sia vivo da qualche parte senza ricordare chi sia, da dove provenga
                  e chi sia la sua famiglia: “noi continuiamo a cercarlo e a credere che papà tornerà a
                  casa perché spesso accade che persone senza nome siano ricoverate per anni in centri di
                  cura senza che nessuno sappia chi siano. Mio padre stava bene quando è scomparso…
                  solo la sua testa ha bisogno di aiuto. Allora, per quanto riguarda quello che può essere
                  accaduto quel giorno, io non lo so, nel senso che ho cercato di ricostruire tutto quanto. Lui
                  forse ha chiesto di tornare a casa, ha chiesto come poteva tornare a casa, ma non si è
                  lasciato aiutare perché era troppo orgoglioso. Quindi probabilmente si è avventurato in
                  qualche cosa, non lo so, o è rimasto intrappolato? Oppure ha seguito qualcuno...”.
                       Uno dei pensieri più angoscianti per la figlia è quello di immaginare
                  suo padre da solo per la strada; a tal proposito, ci racconta di aver sentito
                  il bisogno, per sopravvivere a tale dolore, di affidarsi completamente a
                  Dio: “Per sopravvivere dovevo affidarmi a Dio e affidare mio padre a Lui, perché
                  altrimenti io mi sarei chiesta: io sto mangiando e lui? Io sto dormendo e lui sta sof-
                  frendo lì dove sta? Con tutto questo freddo, come starà vivendo? Come si starà copren-
                  do? Perché non può stare con noi... Chi può aiutarmi? Quindi dicevo Signore, ti prego,
                  qualunque cosa, ti prego, devi stargli dietro. Questa è l’unica cosa che io ho chiesto”.
                       Annalisa ci ha raccontato del suo personale vissuto in merito alla
                  scomparsa del padre: “io vivo in questa scomparsa”.
                       Non  ha  mai  iniziato  ad  elaborare  un  lutto  perché  non  c’è  alcun
                  corpo su cui piangere e rimane solo la speranza che, talvolta, tende a con-
                  trapporsi alla razionalità: “c’è sempre una finestra aperta, però c’è anche la razio-
                  nalità che ovviamente mi porta a pensare che non ci sia più, considerata la patologia.



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