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L’ESERCITO SILENTE




                    Possiamo parlare, dunque, di “sospensione del lutto” nel caso delle persone
               scomparse: si tratta di una dipartita improvvisa e inaspettata di qualcuno che
               amiamo,  che  porta  alla  genesi  di  una  situazione  di  incertezza,  nella  quale  il
               tempo sembra fermarsi. I parenti e gli amici di persone scomparse vivono in
               questo limbo con il dubbio che da un momento all’altro il loro caro possa fare
               ritorno, o nell’eterna speranza di almeno poterne piangere la salma o quel che
               ne resta.
                    La  storia  della  persona  scomparsa  sembra,  così,  avvolta  nell’ombra  e
               dinanzi alla mancanza di un corpo, a chi resta viene negata la possibilità di
               accompagnare il proprio amico, genitore, figlio, nel suo ultimo viaggio. Il ruolo
               che  il  corpo  ricopre  in  questo  percorso  di  accettazione  è  di  fondamentale
               importanza: il dolore prodotto dalla sua assenza si protrae in un lasso di tempo
               infinito che sembra non scorrere, come se qualcuno lo avesse messo in pausa e
               l’orologio della vita si fosse fermato in un momento preciso. La speranza di
               ritrovare chi ora non c’è affievolisce, talvolta, quella sofferenza, ma tale ciclicità
               provoca un enorme stress e una grande angoscia che non sembra avere rimedio.
                    Metabolizzare la perdita di una persona cara è un percorso fortemente
               doloroso, che attraversa varie fasi e necessita di essere vissuto da colui il quale
               sta affrontando il lutto, senza fretta e coscientemente, affinché questi possa,
               prima o poi, arrivare alla completa accettazione di una nuova realtà, in cui il
               proprio caro non esiste più. Durante questo cammino è indicato spogliarsi di
               sentimenti quali rabbia, senso di colpa e frustrazione, che seguono sovente la
               perdita di un amico, di un amato o di un familiare. Tuttavia, il privilegio di poter
               intraprendere questa strada verso la cura della propria anima non è concesso a
               tutti.
                    Come afferma Gorer, nel 1973, “in tutte le culture vi è la constatazione di regole
               che disciplinano il trattamento della salma e il comportamento dei parenti del defunto. Tali
               regolamenti sono presenti assieme ad altri aspetti fondamentali per il genere umano”; questa
               osservazione convalida l’enorme importanza del rito funebre per favorire la
               continuità della vita all’interno delle società conosciute: è per coloro che restano
               che, in realtà, viene celebrato il rituale.
                    Per comprendere al meglio il valore del corpo e, conseguentemente, della
               tomba di un proprio caro estinto, si riporta un celebre carme foscoliano, ‘Dei
               Sepolcri’, pubblicato a Brescia nel 1807.
                    Deorum manium iura sancta sunto
                    Foscolo ribadisce, all’inizio di questo poemetto, come prima di lui aveva
               fatto Cicerone, che i diritti degli Dèi Mani, divinità dell’oltretomba, sono sacri
               e inviolabili.


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