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INSERTO




                  Questo in risposta alla legislazione napoleonica che, nel 1806, aveva esteso
             in Italia l’Editto di Saint-Cloud. L’ordinanza imponeva che i cimiteri fossero
             posti al di fuori delle mura cittadine e che le lapidi fossero composte solo dal
             nome del defunto, impedendo la costruzione di mausolei. L’autore si sofferma
             sull’utilità dei sepolcri nei primi novanta versi e, nello specifico, al trentesimo
             endecasillabo afferma che in un mondo in continuo divenire solo il sentimento,
             la corrispondenza d’amorosi sensi, sia capace di garantire all’uomo l’immortalità, e
             lenire, come un balsamo, gli animi dei cari del defunto. Per Foscolo tale corri-
             spondenza è celeste, divina, perché grazie ad essa, spesso, noi continuiamo a
             vivere con l’amico defunto ed egli con noi, a patto che si rendano inviolabili le
             sue reliquie e una pietra ne conservi il nome.
                  I familiari delle persone scomparse non hanno una vera lapide, né una
             vera inscrizione, attraverso cui poter dare inizio a questa sentimentale e salvifica
             corrispondenza; in questi non vi è alcuna rassegnazione, solo una speranza cor-
             rosiva che, tuttavia, non placa le sofferenze ma che, anzi, le acuisce.
                  Pertanto, nel caso delle persone scomparse, di cui non viene più trovato
             neanche il corpo, il processo del lutto rimane spesso bloccato, sospeso, comun-
             que differito, sempre rimandato, diventando assolutamente difficile pervenire ad
             una piena accettazione della perdita dell’Altro. La prima sensazione che i survi-
             vors provano è che il tempo sembri indeterminato e confuso: si muovono in un
             presente che si mostra eterno ed il futuro viene continuamente procrastinato,
             per cui diventa difficile, se non impossibile, organizzare la propria vita, proget-
             tare, programmare, evolvere, vivere.
                  La realtà del tempo può essere riconosciuta come una struttura portante
             di ogni organizzazione psichica (Bortolo e Bertrando, 1993). Insieme allo spa-
             zio, è dentro il tempo che ci muoviamo ed organizziamo la nostra esistenza.
             Non a caso, infatti, uno dei primi sintomi di disagio psicologico è il disorienta-
             mento nel tempo e nello spazio (Sbattella, 2016). Si può ben comprendere, dun-
             que, come, saltando l’asse del tempo, in una oscillazione perpetua che va tra due
             polarità,  quali  la  speranza  e  la  disperazione,  nella  vita  di  chi  sopravvive  alla
             scomparsa improvvisamente si blocca la possibilità di far evolvere ogni dinami-
             ca psichica, relazionale, sociale. Condizione, questa, che ben giustifica la fatica
             di vivere descritta da chi è coinvolto in queste tragedie.








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