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INSERTO





               DAVIDE
                     Davide Barbieri aveva 27 anni quando scomparve il 27 luglio del
               2008 da una struttura riabilitativa, la Comunità Lahuèn, vicino ad Orvieto,
               in provincia di Terni. Il ragazzo si trovava in quella comunità da soli dodi-
               ci giorni quando quella mattina, tra le ore 11:30 e le 12:00, varcò la soglia
               del cancello della struttura e si allontanò senza lasciare traccia.
                     Una reale svolta arrivò nel 2017, quando a circa un chilometro dalla
               comunità Lauhèn venne trovato un cranio umano il quale, dopo due anni
               di analisi, venne identificato come appartenente a Davide, grazie ad una
               corrispondenza  del  DNA.  A  tal  proposito,  la  signora  Laura  Barbieri,
               madre di Davide, ci ha raccontato: “la sera del 30 aprile sono stata convocata
               nella caserma dei carabinieri e lì il maresciallo mi ha fatto sedere e poi mi ha detto ‘
               signora, sono stati ritrovati dei resti nel bosco di Morano, a poco più di 1km di
               distanza dalla comunità dalla quale Davide è uscito... c’è stata la comparazione con
               il suo profilo del DNA e risulta una compatibilità del 99,972%”. Il verdetto
               comunicato fu terribile e gettò nello sconforto Laura, la quale inizial-
               mente negò la possibilità di un epilogo simile: “dicevo ‘no, non è vero’, mi
               rifiutavo di pensare che la notizia potesse essere reale, attendibile. Il maresciallo,
               poverino, mi diceva ‘signora, guardi... è praticamente il 100%’, ma io continuavo a
               negare e a dire che non era vero, non era lui... dopo un po’ mi sono alzata e me ne
               sono andata. Rifiutavo di pensare che la cosa fosse reale, attendibile... forse il mio
               cervello non l’ha registrata come tale”.
                     La donna racconta che solo il giorno dopo iniziò a realizzare quanto
               appreso: “La notte la passai totalmente insonne, ma l’indomani è iniziato il voler
               acquisire questa condizione di realtà... sono scoppiata in un pianto di disperazione.
               Mi son detta: non ha più senso andare avanti e vivere, perché io mi sono sostenuta
               tutti questi anni perché per me Davide c’era, era vivo e io me lo immaginavo la sera,
               quando rientravo dal lavoro, che lo trovavo dietro al cancello che mi dice ‘mamma, ti
               sembra questa l’ora di rientrare?’ ”.
                     Negli anni passati senza Davide, Laura ha sempre cercato e aspet-
               tato una persona in vita e per lei, per quanto la fede religiosa possa tal-
               volta dare la speranza di una vita che continua nell’aldilà, a livello mise-
               ramente umano non c’è più niente dopo la notizia di morte, “non c’è più
               nulla a cui aggrapparsi”; non avrebbe mai voluto trovare quei resti poiché
               ciò avrebbe significato che non c’era più nulla da fare, che non c’era più
               alcuna speranza.


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