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200 ANNI DI REGOLAMENTO GENERALE




                    A tale proposito, le regie patenti del 12 ottobre 1822 prevedevano che
               “L’azione delle Autorità giudiziarie, economiche e politiche sovra i Carabinieri
               Reali per tutto ciò, che concerne l’impiego di questa forza pubblica, per la con-
               servazione della pubblica tranquillità, non potrà esercitarsi altrimenti che per
               iscritto, ed in forma di richiesta” (art. 34), mentre poco dopo era precisato che
               “le medesime conterranno le qualità dell’Autorità richiedente, e l’oggetto della
               richiesta […] I Carabinieri Reali non dovranno dar corso alle richieste non fatte
               in conformità di questo articolo”.
                    Tale testo si presenta simile, ma non uguale, nel Regolamento Generale
               che prescrive all’art. 120 che
                    Le richieste di qualunque sorta devono sempre essere fatte per iscritto, dirette ai Comandanti
                    delle Stazioni, e contenere le qualità del richiedente, l’oggetto, ed il motivo delle medesime […] I
                    Carabinieri Reali non devono dar corso alle richieste non fatte in conformità di questo articolo.
                    Il confronto si avviò nel 1824 su istanza di alcuni giudici di Saluzzo e di
               Cuneo, “nonostante il prefetto del tribunale di Cuneo abbia già espresso parere
               a loro contrario” .
                                (36)
                    I giudici si rivolsero all’avvocato fiscale generale di Torino e questi al mini-
               stro degli Interni, segnalando che il Regolamento “non è stato registrato come
               una legge dello Stato, poiché destinato a uso di un reparto dell’esercito, hanno
               ritenuto che non fosse intenzione sovrana costringere la giustizia all’osservanza
               di norme interne militari” .
                                        (37)
                    Secondo l’autore, si tratta di un “contenzioso burocratico coll’autorità giu-
               diziaria”;  in  realtà  D’Oncieu  è  piuttosto  preciso  e  richiama  direttamente
               l’Ordonnance francese che è servita da riferimento.
                    Infatti, l’articolo 56 di quest’ultima prescrive che “Les réquisitions doivent
               énoncer la loi qui les autorise, le motif, l’ordre, le jugement ou l’acte administra-
               tif en vertu duquel la gendarmerie est requise”.
                    Dunque, poiché si può ritenere proprio D’Oncieu l’autore concettuale del
               Regolamento Generale e colui che lo presentò per l’approvazione, le sue con-
               siderazioni  sembrano  andare  nella  direzione  di  una  puntuale  interpretazione
               della norma che, di fatto ricorda lo stesso Faccenda, il sovrano e il ministro
               degli Interni condivisero tanto da dare luogo a chiarimenti nel corso degli anni
               successivi .
                         (38)

               (36)  E. FACCENDA, I Carabinieri cit., p. 145.
               (37)  Ibidem, p. 146.
               (38)  Non si condivide la riflessione dell’autore che ritiene questo confronto fra istituzioni della
                    Restaurazione come il tentativo del vertice dei Carabinieri Reali di esaltare un’immagine posi-
                    tiva che stava ricostruendo dopo il fallimento del moto liberale del 1821.

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