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DOTTRINA
È tuttavia evidente che l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni
illegittimamente acquisite è un rimedio postumo, attivabile - come innanzi evi-
denziato - solo qualora il divieto non abbia patologicamente operato, mentre
sarebbe stato più opportuno prevedere a monte l’impossibilità di ascoltare le
intercettazioni difensive in quanto illegittime.
Ciò nondimeno, la clausola di salvezza di cui all’art. 271 c.p.p., presente
nell’incipit/ dell’art. 103, comma 7, c.p.p., denota la volontà di regolamentare
secondo il principio di sussidiarietà la relazione tra le due norme. Così, alle
intercettazioni illegittime che coinvolgono le conversazioni tra difensore e assi-
stito si applica la disciplina speciale di cui all’art. 103, comma 7, c.p.p.
Ne consegue, in prima battuta, l’assoluto divieto di captazione: l’operatore
giudiziario che vi sia preposto ha il dovere di interrompere immediatamente le
operazioni d’intercettazione nell’istante in cui prende atto che si tratti di una
captazione illegittima, in quanto intercorrente tra assistito e difensore nell’eser-
cizio delle sue funzioni, dandone conto nel relativo verbale.
Purtroppo, questo quadro teorico è di difficile attuazione nella prassi
applicativa, laddove gli organi inquirenti, pur non utilizzando processualmente
i risultati delle captazioni, dovessero sfruttare gli stessi a supporto delle indagi-
ni, dunque per il conseguimento di fini endo-investigativi. Rispetto al rischio di
ingerenza nel rapporto confidenziale tra difensori ed assistiti, la sanzione della
inutilizzabilità rischierebbe di apparire tardiva e insufficiente, oltre che fittizia,
perché nei fatti essa opera solo dopo che l’autorità giudiziaria è venuta a cono-
scenza del contenuto dei dialoghi riservati, con grave pregiudizio per le garanzie
difensive, oltre che per la parità in armi a presidio di un sano contraddittorio.
Del resto, l’attivarsi di numerose Procure, a contrasto del fenomeno
descritto, attraverso l’elaborazione di linee guida che indichino comportamenti
utili a preservare la segretezza delle comunicazioni dei difensori con i loro assi-
stiti,/dimostra l’esistenza di una dilagante prassi operativa.
Come innanzi evidenziato, la previsione di cui al comma 7 dell’art. 103
c.p.p., nel ribadire e rafforzare, il divieto di utilizzazione dei risultati delle cap-
tazioni illegittime, precisa che, qualora si incorra “comunque” nell’intercettazio-
ne di comunicazioni e conversazioni tra team difensivo e assistito, il loro conte-
nuto non può formare oggetto di trascrizione alcuna, neppure in forma som-
maria; il verbale delle operazioni deve limitarsi ad indicare la data, l’ora, nonché
il dispositivo su cui la registrazione è stata eseguita.
Come può notarsi, null’altro viene disposto in ordine alle sorti delle comu-
nicazioni “comunque” intercettate, evidentemente destinate ad essere distrutte,
in applicazione della disciplina generale di cui all’art. 271, comma 3, c.p.p.,
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