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ASSETTI ORGANIZZATIVI DELL’IMPRESA ALIMENTARE
                               E PROFILI DI ESONERO DELLA RESPONSABILITÀ




                    Un atteggiamento di inerzia rispetto all’allestimento di un assetto organiz-
               zativo, non solo palesa una evidente inadempienza nei riguardi dei terzi coin-
               volti nel deterioramento delle relazioni economiche, quanto si pone in senso
               strumentale alla colpevole ammissione relativa all’adozione di una strutturazione
               aziendale non che di prassi operative in vista del controllo dei fattori di vulne-
               rabilità di interessi fondamentali della vita sociale, che la produzione e lo scam-
               bio di alimenti sono in grado di incidere nei casi più gravi.
                    Del  resto,  si  è  osservato  che  a  presidio  della  sicurezza  alimentare  non
               «possano immaginarsi solo regole di tipo penale e amministrativo, quasi che si
               possa prefigurare uno scenario privato, affidato agli attori sociali, basato sulle
               regole del contratto e della responsabilità civile e uno scenario pubblico, diva-
               ricato dal primo, che appaia solo nel secondo atto, allorquando il mercato dei
               privati abbia registrato il suo fallimento» . Avvertimento che trova una effet-
                                                       (22)
               tiva conferma nel richiamo al D.Lgs. 231 del 2001 , dove l’effettiva operatività
                                                               (23)
               di modelli di organizzazione e di controllo si è imposta, modulando la respon-
               sabilità dell’impresa in base all’esperienza dei compliance programs per tener conto
               della  difficoltà  di  ricostruire  i  percorsi  decisionali  da  imputarsi  a  strutture
               dimensionalmente complesse.
                    Un  punto  centrale  attraverso  cui  si  è  articolato  il  lavoro  della
               Commissione di riforma e che, in esito ad ampie discussioni interne approda
               ora nella proposta in esame da parte della Commissione giustizia con la stessa
               convinzione - già avviata in dottrina  - che l’ente sia chiamato a rispondere del
                                                  (24)
               reato commesso nel suo interesse e a suo vantaggio per una colpevolezza di
               organizzazione, «proprio perché la scelta per la disorganizzazione ha aumentato
               il rischio-reato, rivelando un atteggiamento che, più che denotare temerarietà o
               sconsideratezza…, evoca una condizione di tolleranza, di disinteresse nei con-
               fronti del rischio-reato… Alla lunga, la persistenza della disorganizzazione, sul
               versante del rischio-reato, favorisce il radicamento di una cultura dell’illegalità,
               di uno stile di vita capace di penetrare in ogni ansa dell’ente, sì che la consuma-
               zione di illeciti sarà traducibile in una colpevolezza non soltanto organizzativa,
               ma anche “d’autore”, rendendo indelebili tracce di una criminalità di origini
               “ambientali”».

               (22)  Così, L. FRANCARIO, Intervento alla Tavola rotonda Agricoltura, responsabilità e sicurezza alimentare.
                    Gestione del rischio e responsabilità del produttore agricolo. Quali prospettive?, in Alimenti, danno e respon-
                    sabilità a cura di L. PAOLONI, cit., 157.
               (23)  Per la chiarezza della ricostruzione e la completezza dei richiami, v. A. NATALINI, 231 e industria
                    agroalimentare, Pisa, 2017.
               (24)  Così C. E. PALIERO, C. PIERGALLINI, La colpa di organizzazione, in Resp. amm. soc. ed enti, 2006,
                    n. 3, 181.

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