Page 22 - Rassegna 2022-1_inserto
P. 22

INSERTO




             1.  Marchio corporativo e tutela dell’avviamento commerciale
                  Con il sorgere dei comuni e l’istituzione delle corporazioni conosce nuovo
             impulso la vita economica e commerciale, affidando a particolari segni la fun-
             zione di attribuire ai prodotti le qualità inerenti alle regole tecniche che presi-
             diano alla manifattura. Si è proposta la qualificazione di essi come marchi col-
             lettivi obbligatori, in grado di distinguere non tanto il produttore, quanto di
             tutelare «il buon nome dell’arte, la fama di eccellenza dei prodotti che escono
             dalle mani o dalle botteghe dei suoi membri, oppure il buon nome stesso della
             città cui l’arte appartiene» .
                                     (1)
                  In sostanza, attraverso l’apposizione di tali marchi, da parte del funziona-
             rio dell’arte, in esito a verifiche delle regole tecniche stabilite nei vari rami della
             produzione, si difendeva sul piano commerciale, un vero e proprio avviamento
             collettivo destinato a suscitare quella necessaria fiducia riposta nella qualità di
             fabbricazione in base alle caratteristiche conosciute. Ad esempio: «a Firenze
             questo marchio collettivo obbligatorio consisteva nell’apposizione di un piom-
             bino con l’insegna dell’arte, o il giglio fiorentino, e inoltre con l’impressione sui
             vivagni delle pezze dei nomi di Firenze, o del Garbo (per la lana che veniva dal
             Maghreb) o di S. Martino; e ciò garantiva così della provenienza, che della qua-
             lità, che dell’avvenuta verifica, da parte dei controllori o “venditori” dell’arte» .
                                                                                       (2)
                  Ora, se resta sempre opinabile proporre un’interpretazione delle norme
             vigenti sul fondamento di istituti che appartengono ad un’epoca precedente,
             ricercando una continuità interrotta da ragioni storiche, si vuol, comunque, ten-
             tare una ideale prosecuzione della descritta utilità dei marchi corporativi sul ter-
             reno dell’offerta concorrenziale di prodotti agro-alimentari contrassegnati dal-
             l’indicazione del made in Italy, pur con l’accortezza di riconoscere essenziali dif-
             ferenze di contenuto. Ripartire dal territorio e dagli elementi reputazionali ad
             esso collegati continua a rappresentare la sfida più impegnativa per le imprese
             del settore, sollecitando l’intervento di regole adeguate alla protezione di pro-
             cessi produttivi strettamente legati alla tradizione dei luoghi, che forgiano le
             eccellenze eno-gastronomiche conosciute e apprezzate a livello globale quale
             patrimonio  identitario  della  comunità.  Ne  discende,  così,  una  responsabilità
             sociale a custodirne il valore e curarne i contenuti anche rispetto al dilagante
             fenomeno dell’italian sounding, che raggruppa una serie di «pratiche finalizzate
             alla falsa evocazione dell’origine italiana di prodotti» .
                                                               (3)

             (1)  Così, R. FRANCESCHELLI, Sui marchi d’impresa, Milano, 1971, 32.
             (2)  Così, ancora, R. FRANCESCHELLI, Sui marchi d’impresa, cit., 34-35.
             (3)  Il rinvio è all’art. 144 (Atti di pirateria e pratiche di Italian Sounding) del d.lgs. 10 febbraio
                  2005, n. 30, Codice della proprietà industriale.

             20
   17   18   19   20   21   22   23   24   25   26   27