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CIBO E DIRITTI CULTURALI
D’altra parte anche il General Comment n. 23 del Comitato dei diritti dell’uo-
mo all’art. 27 del Patto internazionale sui diritti civili e politici afferma che la
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cultura può esprimersi anche in un particolare modo di vita associato all’utiliz-
zazione di risorse naturali, come avviene, ad esempio, nella raccolta dei prodotti
dell’alimentazione.
Da queste semplici considerazioni è possibile inquadrare gli elementi di
fondo del problema in chiave giuridica: la cultura gode di riconoscimento e
tutela internazionale se è espressione di tratti identitari di un determinato
gruppo sociale e di costumi ripetuti nel tempo in cui l’individuo possa ricono-
scersi; se, tuttavia, questi gesti, così come i prodotti che li identificano, diven-
tano “di massa” (si “volgarizzano”) perdono capacità distintiva e fuoriescono
dall’ambito di copertura offerto dal diritto internazionale per proiettarsi nelle
dinamiche di mercato regolate dalle disposizioni economiche di ciascun ordi-
namento.
2.2. I diritti culturali e il loro ruolo nell’integrazione europea
L’attribuzione al cibo e, specialmente, alla sua origine e funzione sociale,
di una valenza culturale impone di valutare, nell’ottica accennata in precedenza,
se ciò possa determinare un limite alle logiche di mercato e, nel caso, se vi siano
margini per fruire delle eccezioni al mutuo riconoscimento sancito dalla giuri-
sprudenza della Corte di giustizia con riferimento alle misure di effetto equiva-
lente alle restrizioni quantitative alla libera circolazione delle merci.
Com’è noto l’art. 34 TFUE vieta agli Stati membri il mantenimento in
vigore o l’introduzione di norme o regole tecniche nazionali che possano costi-
tuire una restrizione o una misura di effetto equivalente a una restrizione quan-
titativa delle merci provenienti da altri Paesi dell’Unione Europea.
La norma è stata interpretata nel celebre caso del liquore francese Cassis
de Dijon nel senso di imporre agli Stati di accettare sul proprio mercato merci
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realizzate in altri Paesi Ue conformemente alle rispettive norme nazionali, salvo
che sussistano esigenze imperative di ordine generale (ad esempio, tutela della
salute, della lealtà commerciale, del patrimonio artistico e culturale nazionale
ecc.) e sempre a condizione che lo Stato di destinazione dei prodotti controversi
possa dimostrare che non esistano misure meno afflittive rispetto a quella
nazionale controversa (cui si pretende di sottoporre i prodotti in ingresso).
(10) Cfr. il General Comment n. 23 (1994) CCPR/C/Rev.1/Add.5, in http://www.refworld.org/
docid/453883fc0.html.
(11) Cfr. la sentenza della Corte di giustizia 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral AG con-
tro Bundesmonopolverwaltung für Branntwein, in Racc., 1979, pagg. 649 ss.
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