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IL POSIZIONAMENTO DEGLI EMERITI




                  potendolo perdere solo per dimissioni volontarie o d’autorità, per cancellazione
                  dai ruoli e per rimozione all’esito di procedimento disciplinare o per condanna
                  penale. Alla luce di ciò, i militari - una volta in pensione - sono cessati dalla cari-
                  ca ricoperta, ma conservano la dignità del grado. Questo impone all’interprete
                  di considerare questo dato obiettivo, dando rilevanza all’anzianità di grado per
                  collocarli in successione. A questa giustificazione se ne affianca un’altra basata
                  su elementi obiettivi ancorché metagiuridici: le istituzioni militari sono organiz-

                  zazioni coese, gerarchiche e piramidali in cui le cariche apicali vengono raggiunte
                  ad esito di una carriera interamente svolta nell’ambito dell’organizzazione stes-
                  sa. Nello sviluppo del lungo percorso professionale di ogni militare nascono, e
                  si consolidano nel tempo, rapporti lavorativi e di dipendenza - diretta o indiretta -
                  tra soggetti con un’anzianità di servizio anche molto diversa. Le relazioni in
                  discorso si moltiplicano nell’arco di carriere anche più che quarantennali, ove le
                  stesse persone muovono e progrediscono professionalmente sempre entro i
                  confini della piramide gerarchica. Non appare dunque possibile anteporre ex
                  più giovani a ex meno giovani, perché si giungerebbe alla paradossale situazione
                  in cui un più anziano comandante si potrebbe trovare anteposto un altro uffi-

                  ciale, anch’egli in quiescenza, che gli è stato per lungo tempo alle dipendenze,
                  con reciproco evidente imbarazzo.
                        Il punto merita un momento di riflessione. Orbene, da un lato viene enun-
                  ciato, come criterio base per ordinare più autorità cessate dalla stessa carica,
                  quello dell’anzianità inversa. Lo strumento offerto appare ottimale per le cari-
                  che elettive che, tra loro, non si pongono in una linea di ideale continuità e che,
                  anzi, spesso vogliono esprimere posizioni contrapposte rispetto al passato. In

                  questo ambito operativo, il criterio fondato sull’intensità del ricordo non sem-
                  bra suscettibile di condurre a situazioni di imbarazzo e si presenta efficace.
                  Dall’altro lato è stato presentato un secondo criterio, fondato sull’anzianità
                  assoluta e incernierato su una ragionevole argomentazione, che, se vale a fortiori
                  per i militari in ragione del particolare stato giuridico, non può essere trascurato
                  completamente per tutte le cariche che giungono ad assumere un ufficio dopo
                  aver servito nella stessa amministrazione per l’intera carriera. Innegabilmente
                  queste figure, prima di assumere gli incarichi apicali, si sono trovate, per molti
                  anni, a collaborare e a dover rispondere a chi ha rivestito, nel tempo, quelle fun-
                  zioni.

                        In questi ambiti, si viene quindi a consolidare un rapporto di rispettosa
                  deferenza verso queste figure emerite; ciò anche alla luce della ideale continuità
                  istituzionale che, in linea di principio, deve caratterizzare le persone, pur con le
                  loro peculiarità, che si avvicendano nel tempo al vertice di un’istituzione.


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