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IL FENOMENO DEL COSIDDETTO “REVENGE PORN”
5. Considerazioni conclusive
Come sopra si è detto, il delitto di diffusione illecita di immagini o video
sessualmente espliciti è commesso quasi sempre attraverso le tecnologie dell’in-
formazione e della comunicazione, utilizzando social network, App di messaggi-
stica, mailing list, chat, ecc., la cui finalità è quella di diffusione su larga scala delle
immagini e dei video: è proprio l’illimitato potere di amplificazione del web che
attribuisce ai comportamenti in esame un potenziale lesivo gravissimo, con
l’impossibilità di impedirne la propagazione. Le caratteristiche della rete internet
e la rapidissima condivisione dei contenuti immessi nel web, per le più svariate
ragioni, comportano danni ingenti alle vittime, anche per la difficoltà di arginar-
ne la portata. Non tutte le vittime di questa violenza, infatti, sono psicologica-
mente forti, non tutte riescono a sopportare il peso di essere oggetto di lussuria
di sconosciuti, di essere riconosciute per la vicenda subita, di essere derise o
anche solo compatite; molte, per questo motivo, maturano la decisione di porre
fine alla loro esistenza con gesti estremi, quale il suicidio.
La giurisprudenza - in merito alle ipotesi di suicidio a seguito di maltratta-
menti ex art. 572 c.p. - è intervenuta sul tema dei reati aggravati dall’evento, sta-
tuendo che “l’evento (il suicidio) deve essere conseguenza prevedibile in con-
creto della condotta di base dell’autore e non debba invece dipendere dalla sem-
plice capacità di autodeterminarsi della vittima, come tale imprevedibile e non
conoscibile dal soggetto agente” . Orbene, tale principio di diritto potrebbe
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essere estensibile anche in materia di revenge porn, cosicché l’autore di realizza-
zione e/o diffusione del materiale porno diverrebbe responsabile anche del sui-
cidio del soggetto ritratto in video.
Ai fini di un efficiente contrasto al fenomeno del revenge porn bisognerebbe,
inoltre, prevedere un maggior coinvolgimento dei gestori dei servizi internet nella
prevenzione degli illeciti commessi in rete: in effetti, i disegni di legge presentati
al Senato in occasione dell’approvazione della legge n. 19/2019 non si limitavano
alla mera introduzione del reato di cui all’art. 612-ter c.p., ma allargavano l’ango-
lazione dalla quale affrontare il problema, interrogandosi anche su altri profili,
come la collaborazione degli Internet Service Provider alla rimozione delle immagini
o la creazione di programmi di sostegno per le persone offese. Tuttavia, l’appro-
vazione in tempi rapidissimi del “Codice Rosso” ha comportato, purtroppo, l’ab-
bandono dei tentativi di compilazione di una legge più organica.
Allo stato attuale, pur riconoscendo che a carico del provider non sia ipo-
tizzabile un obbligo di sorveglianza sui contenuti immessi nel sistema, né quindi
configurabile una posizione di garanzia che comporti un obbligo di impedire i
(35) Cass., Sez. Sesta, 4 dicembre 2012, n. 46848.
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