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DOTTRINA
Sempre sul fronte della polizia giudiziaria - visto il ruolo di particolare
importanza dalla stessa assunto nello svolgimento delle indagini in questa mate-
ria - l’art. 5 della stessa legge n. 69/2019 introduce l’obbligo di organizzare
presso gli istituti di formazione della Polizia di Stato, l’Arma dei Carabinieri e il
Corpo di Polizia penitenziaria, specifici corsi destinati al personale che esercita
funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria in relazione alla prevenzio-
ne ed al perseguimento dei reati di cui agli artt. 1, 2 e 3 (elenchi in cui il revenge
porn compare in due norme su tre), o che interviene nel trattamento penitenzia-
rio delle persone per essi condannate. La frequenza dei corsi è addirittura obbli-
gatoria per il personale individuato dall’amministrazione di appartenenza.
L’art. 2 della legge n. 69/2019 inserisce all’art. 362 c.p.p. il nuovo
comma 1-ter, secondo cui il pubblico ministero, entro tre giorni dall’iscrizio-
ne della notizia di reato, esamina la persona offesa o chi ha denunciato i reati
di violenza domestica e di genere elencati; il termine di tre giorni può essere
prorogato solo in presenza di imprescindibili esigenze di tutela dei minori di
anni diciotto o per la riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della
persona offesa.
La nuova disposizione - mossa dalla medesima esigenza acceleratoria
posta già a fondamento dell’art. 1 della legge n. 69/2019 - non trova, però,
applicazione per il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente
espliciti, di cui all’art. 612-ter c.p., poiché tale reato risulta incomprensibilmente
escluso dal catalogo di quelli elencati nel comma 1-ter dell’art. 362 c.p.p.: si tratta
di una scelta legislativa che, invero, avrebbe meritato un’adeguata spiegazione.
L’assunzione delle informazioni da parte della persona offesa - attività
che può anche essere delegata alla polizia giudiziaria, ai sensi dell’art. 370
c.p.p. - costituisce, infatti, un elemento di valutazione imprescindibile per
l’autorità: l’audizione può far emergere fatti e circostanze che la vittima non
è stata in grado di riferire al momento della presentazione della denuncia o
querela e permette di valutare le reali caratteristiche personali delle vittime,
il contesto, la natura e le circostanze del fatto di reato, nonché i suoi even-
tuali sviluppi.
Orbene, se c’è un delitto suscettibile di una rapida “evoluzione”, quello è
proprio il reato previsto dall’art. 612-ter c.p.: tre giorni dopo aver denunciato il
fatto, la parte lesa potrebbe essere in possesso di innumerevoli screenshots rap-
presentativi di diffusioni successive a quelle allegate alla prima querela, di mes-
saggi di ingiuria, di manifestazione di odio, di istigazione alla violenza, ricevuti
e patiti in conseguenza del primo post e delle successive divulgazioni .
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(34) SORGATO A., op. cit., 123.
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