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                                             STUDI MILITARI



               tipico, il giudice di merito era tenuto ad effettuare un raffronto tra le somme
               liquidate a titolo di rimborso forfettario e quelle che sarebbero spettate in caso
               di opzione per l’indennità ordinaria, ossia con liquidazione su base oraria e rim-
               borso delle spese vive di vitto e alloggio, a partire dal giorno antecedente l’atti-
               vità svolta e secondo quanto indicato nel foglio di viaggio per l’inizio della mis-
               sione. Tale raffronto era, quindi, finalizzato a verificare l’effettiva minore eco-
               nomicità per l’Amministrazione della soluzione prescelta dall’imputato, condi-
               zione ritenuta necessaria ai fini del perfezionamento del reato.
                    La  soluzione  appariva,  invero,  del  tutto  insoddisfacente  per  l’eccessivo
               “sostanzialismo” di una interpretazione che collegava la prova della sussistenza
               del danno a parametri di valutazione del tutto ipotetici rispetto alla concreta
               realtà, segnata dalla percezione di somme maggiori rispetto a quelle dovute,
               direttamente derivanti dalle false attestazioni rese nel contesto dell’opzione per
               un determinato regime di trattamento, nella specie quello di natura forfettaria.
                    Da  non  trascurare,  poi,  il  senso  di  profonda  “ingiustizia”  che  derivava
               dalla legittimazione di condotte dall’evidente carattere fraudolento, apparendo
               evidente il diretto collegamento causale tra il maggiore rimborso conseguito
               dall’agente e l’uso degli artifici e raggiri da lui posti in essere mediante le false
               dichiarazioni annotate nel foglio di viaggio.
                    Con la sentenza qui in commento, che riteniamo di dover salutare con
               estremo favore, i giudici di legittimità hanno radicalmente invertito la rotta pre-
               cedentemente seguita.
                    Essi, infatti, hanno ritenuto pienamente giustificato il rigetto disposto da
               parte dei giudici della Corte Militare d’Appello di richieste istruttorie avanzate
               dalla difesa volte proprio all’accertamento del danno in termini di raffronto tra
               l’illecito vantaggio conseguito dagli imputati in applicazione del prescelto regi-
               me di rimborso forfettario e quanto sarebbe loro spettato in caso di opzione
               per l’ordinario regime cosiddetto a “piè di lista”.
                    In particolare l’accertamento invocato dalla difesa è stato esplicitamente
               considerato come del tutto superfluo e ininfluente ai fini della decisione in ordi-
               ne al reato di truffa militare. La chiarezza del ragionamento svolto nella moti-
               vazione del provvedimento suggerisce di riportarne almeno in parte il testo: “
               ... ai fini della sussistenza degli addebiti accertati, non rilevano le somme che [...] avrebbero
               percepito nel caso in cui avessero optato per il regime ordinario di rimborso, trattandosi di
               mera ipotesi non verificatasi per la scelta degli stessi interessati, che avevano effettuato le mis-
               sioni aderendo al regime di liquidazione forfettario, con rimborso omnicomprensivo per ogni
               24 ore di lavoro prestato oltre alle spese di viaggio, salvo, poi, falsificare gli orari in modo da
               far risultare esistente il presupposto essenziale per accedere al rimborso prescelto ossia lo svol-
               gimento continuativo della missione per 24 ore. Conseguentemente, la circostanza che la difesa

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