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STUDI MILITARI
1. Luglio 1943. Il convulso rovesciamento delle sorti in Sicilia
Poche volte nella sua secolare storia l’Arma dei Carabinieri si è trovata ad
operare in un quadro politico-militare e di pubblica sicurezza come quello nel
quale piombò la Sicilia nell’arco dei sette anni che vanno dall’occupazione delle
forze armate anglo-americane al ritorno dell’isola nella comunità nazionale. La sua
problematica partecipazione e riconfigurazione amministrativa nell’unità nazionale
italiana fu sottoposta, in quei cruciali frangenti, a forti spinte fra loro contrastanti
che stavano in bilico fra la ricostruzione dell’architettura democratica, costituzio-
nale e organizzativa dello Stato. Un certo disegno insulare di stampo indipenden-
tistico che mirava alla disgregazione dell’unità politica della nazione italiana alimen-
tò, infatti, sentimenti separatisti sconfinando addirittura in molte azioni eversive.
Di questi sette anni - che vanno dal luglio 1943 al 1950, e che registrano
importanti modificazioni istituzionali sullo sfondo di rilevanti mutamenti del
quadro delle relazioni internazionali dei quali terremo pur conto come chiave
di più ampia interpretazione geopolitica - ci occuperemo di ricostruire dappri-
ma, in questa sede, gli avvenimenti iniziali che riguardarono la situazione in cui
si vennero a trovare i Carabinieri Reali dinanzi all’invasione dell’isola da parte
delle Forze Armate anglo-americane e la posizione che li caratterizzò durante i
sette mesi che segnarono l’occupazione e la gestione del territorio da parte della
struttura dell’Allied Military Government of Occupied Territories (AMGOT).
L’incontro dell’Arma con la Sicilia risaliva a ottantatré anni prima dell’occupa-
zione militare straniera alleata, allorquando un piccolo nucleo di circa trenta
Carabinieri Reali aveva combattuto con i Volontari di Garibaldi al Ponte
dell’Ammiraglio, cioè presso uno dei luoghi di ingresso a Palermo, per conquistare la
città liberandola dalle truppe borboniche . Nei decenni successivi l’Arma, sempre
(1)
fedele alla propria missione, era stata un sicuro presidio di legalità e di difesa delle libertà
civili sancite dallo Statuto Albertino contrastando, a prezzo di eroici sacrifici e di valo-
rosi caduti nell’adempimento del proprio dovere, la criminalità organizzata urbana e il
rigurgito delle bande armate rurali che con sicumera spadroneggiavano nell’interno
vessando con la violenza, le intimidazioni e i soprusi la sicurezza delle plebi contadine.
(1) Erano stati imbarcati a Genova, a supporto della spedizione trentadue carabinieri guidati dal
Colonnello Antonio Mosto. Il 14 luglio del 1860 a Salemi, appena nominatosi Dittatore della
Sicilia, Garibaldi emanò un Decreto con cui costituì il ‘Corpo Carabinieri in Sicilia’ e affidò
il Comando al Colonnello Angelo Calderari. In agosto giunsero nell’isola trenta Carabinieri
dell’Armata Sarda alle dipendenze dal Capitano Francesco Messiera. Questo nucleo fu raf-
forzato in ottobre dall’arrivo di tre ufficiali e sessanta sottufficiali comandati dal Colonnello
Giovanni Serpi. Per tutto il restante 1860, perciò, vi furono in Sicilia due distinti presidi di
Carabinieri, quello voluto da Garibaldi e quello composto dai militari piemontesi. Il 29
dicembre di quell’anno i due Corpi dei Carabinieri furono unificati da Massimo Cordero di
Montezemolo, Luogotenente in Sicilia di Re Vittorio Emanuele II, che nominò loro
Comandante il Serpi promosso al grado di Maggior Generale. L’organico constava di settan-
tatré ufficiali, millequattrocentoventisei Carabinieri a piedi e novecentouno a cavallo.
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