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DAI “BENI CULTURALI” ALL’“ARTE” CONTEMPORANEA
LE NUOVE FRONTIERE DELLA TUTELA
a nord di Pompei, nel corso di una vera e propria attività di “archeologia giudi-
ziaria”, come l’ha definita non a caso il ministro della cultura Dario
Franceschini.
Il ritrovamento infatti è maturato all’interno di una complessa operazione
tecnico-operativa che ha visto realizzarsi una sinergia virtuosa (quanto “chirur-
gica”) tra componenti istituzionali molto diverse tra loro (Parco Archeologico
di Pompei, Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata e
Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli, coadiuvati dagli
investigatori del Comando Gruppo Carabinieri di Torre Annunziata): avviata
nel 2017, la collaborazione è stata poi formalizzata in un Protocollo d’Intesa
(sottoscritto nel 2019) per il contrasto agli scavi clandestini finalizzati alla spo-
liazione dei siti archeologici, all’interno e fuori l’area urbana dell’antica Pompei.
Il progetto di scavo “assistito” che ne è derivato ha una duplice finalità: da un
lato cooperare nelle indagini con la Procura di Torre Annunziata, per arrestare
il depredamento del patrimonio culturale ad opera di clandestini che nella zona
avevano praticato diversi cunicoli per intercettare tesori archeologici, dall’altro
portare alla luce una delle ville più significative del territorio vesuviano.
Gli scavi, che hanno permesso di verificare l’estensione dei cunicoli già
fabbricati in modo occulto e i danni perpetrati al patrimonio (il carro stesso era
stato già lambito su due lati, per fortuna senza vederne compromessa la strut-
tura), sono stati accompagnati costantemente da attività di messa in sicurezza
(28)
e restauro di quanto emerso via via.
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tre di materiale vulcanico che aveva invaso il portico, un elemento in ferro che dalla forma
lasciava ipotizzare la presenza di un manufatto di rilievo sepolto. Sin dal momento della sua
individuazione, i lavori di recupero del carro si sono rivelati particolarmente complessi per
la fragilità dei materiali e le difficili condizioni di lavoro; si è quindi dovuto procedere con un
vero e proprio microscavo, condotto dalle restauratrici del Parco specializzate nel trattamen-
to del legno e dei metalli. Parallelamente, ogni volta che si rinveniva un vuoto, è stato colato
del gesso per tentare di preservare l’impronta del materiale organico non più presente: in tal
modo si sono potuti conservare il timone e il panchetto del carro, ma anche impronte di funi
e cordami, restituendo così il carro nella sua complessità.
(28) Lo scavo, infatti, ha mostrato fin dall’inizio una notevole complessità tecnica-operativa in
quanto gli ambienti da indagare sono in parte al di sotto e a ridosso delle abitazioni moderne,
con conseguenti difficolta! sia di tipo strutturale che logistico. Gli interventi portati avanti nel
corso degli ultimi mesi hanno richiesto un’attenta pianificazione da parte di un team interdi-
sciplinare che ha coinvolto archeologi, architetti, ingegneri, restauratori, vulcanologi, operai
specializzati ma anche, man mano che lo scavo procedeva, archeo-botanici e antropologi. Si
e! quindi proceduto ad uno scavo che ha raggiunto i sei metri di profondità rispetto al piano
stradale, mettendo in sicurezza sia i fronti di scavo che le possenti strutture murarie (conser-
vate fino a quattro metri) che emergevano nel corso delle indagini.
(29) Terminato il microscavo in situ, attualmente i vari elementi del carro sono stati trasportati in
laboratorio all’interno del Parco archeologico di Pompei, dove le restauratrici stanno proce-
dendo a completare la rimozione del materiale vulcanico che ancora ingloba alcuni elementi
metallici e a iniziare i lunghi lavori di restauro e ricostruzione del carro.
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