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                        A PROPOSITO DI BOSCHI SACRI NELL’ESPERIENZA GIURIDICA ROMANA



                       Quanto precede suggerisce che il regime dei boschi sacri non si presta ad essere
                  interpretato  neppure  secondo  i  canoni,  attualmente  in  voga,  dei  cosiddetti  beni
                  comuni ; un (pur vago) precedente storico dei commons e del Charter of  the forest
                                                                                            (50)
                         (49)
                  non può essere identificato nei luci sacri, ma semmai nelle già menzionate silvae publicae.


                  3.  Regime
                       Venendo ora al regime dei boschi sacri, credo che sia in primo luogo neces-
                  sario operare una distinzione, senza la quale il discorso non può procedere in
                  modo ordinato: intendo separare il bosco sacro in senso proprio da altri appezza-
                  menti alberati certamente connessi alla sfera sacrale, ma aventi altra natura. Il bosco
                  sacro in sé e per sé è un luogo consacrato con un apposito atto formale avente
                  valore giuridico (una lex dedicationis) ed esso svolge una funzione del tutto analoga
                  a quella di un tempio: non per caso il bosco sacro, anche nel mondo romano, era
                  un luogo dove poteva operare il diritto d’asilo . Intendo con ciò dire che non è
                                                             (51)
                  opportuno assimilare al bosco sacro vero e proprio, i giardini annessi ad un edificio
                  con funzioni cultuali, e neppure i boschi che erano sì di proprietà di collegi sacer-
                  dotali, ma che non erano sacri in senso stretto come si evince da un passo di Siculo
                  Flacco, che enumera una varietà di possibili beni immobili spettanti alla religione
                  pur non essendo propriamente sacri: Collegia sacerdotum itemque uirgines habent agros et
                  territoria quaedam etiam determinata et quaedam aliquibus sacris dedicata, in eis etiam lucos, in
                  quibusdam etiam aedes templaque. Quos agros quasue territoriorum formas aliquotiens comperi-
                  mus extremis finibus conprehensas sine ulla mensurali linea, modum tamen inesse scriptum .
                                                                                          (52)
                       Un passo di Frontino, che fu peraltro all’origine delle contestate tesi di
                  Mommsen in merito alla distinzione fra beni pubblici e beni sacri , solleva la
                                                                                  (53)
                  questione della violazione del loro statuto: Locorum autem sacrorum secundum legem
                  populi Rom. Magna religio et custodia haberi debet: nihil enim magis in mandatis etiam legati
                  prouinciarum accipere solent, quam ut haec loca quae sacra sunt custodiantur. hoc facilius in
                  prouinciis seruatur: in Italia autem densitas possessorum multum inproue facit et lucos sacros
                  occupat, quorum solum indubitate p. r. est, etiam si in finibus coloniarum aut municipiorum.
                  de his solet quaestio non exigua moueri inter r. p. et priuatos  .
                                                                     (54)

                  (49)  La discussione, stimolata specialmente da Mattei, ha provocato ampia eco anche fra gli storici
                       del diritto romano. Fra i numerosi saggi in materia, mi limito qui a segnalare A. DI PORTO,
                       Res in usu publico e beni comuni. Il nodo della tutela, Torino, 2013, spec. pagg. IX-XXVI.
                  (50)  Cfr. U. MATTEI, Beni comuni. Un manifesto, Bari, 2011, cap. 2.
                  (51)  Cfr. C. AMPOLO, Boschi sacri e culti federali, cit., pag. 167.
                  (52)  Grom. Vet., 163,1 (Lachmann).
                  (53)  Supra, § 2.
                  (54)  Grom. Vet., 57,5 (Lachmann).
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