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A PROPOSITO DI BOSCHI SACRI NELL’ESPERIENZA GIURIDICA ROMANA

Come si vede, in questo caso si prevedono sanzioni a carico di chi sottrag-
ga al bosco qualsiasi cosa gli appartenga, con o senza il taglio, salvo che questo
avvenga in occasione della manutenzione del bosco. La manutenzione è lecita
un solo giorno all’anno, in concomitanza con il sacrificio alla divinità, che in
questo caso sembra assorbire il sacrificio espiatorio espressamente previsto da
altre leges per la manutenzione del bosco, e del quale non vi è qui menzione .
(72)
Qualora venga posto in atto un comportamento illecito, ma senza dolo,
l’illecito dovrà essere espiato con il sacrificio a Giove di un bue a titolo di pia-
culum. Ancora, se invece l’azione è compiuta consapevolmente, dolo malo, allora
al piaculum si somma la multa pari a trecento assi, che dovrà essere riscossa per
cura del dicator, ossia del magistrato che ha compiuto la dicatio, o del suo succes-
sore . Vale la pena di notare, fra l’altro, che un bue costituiva un bene di valore
(73)
economico non indifferente.
I boschi sacri costituivano, dunque, luoghi per certi versi intoccabili e
antropizzati solo entro limiti rigorosamente imposti. Per quanto fossero diffusi,
il loro rilievo in termini economici era sicuramente modesto, e il loro significato
era esclusivamente cultuale. Con la fine del paganesimo essi usciranno dal pae-
saggio che per secoli avevano segnato, cadendo nell’oblio. Oblio dal quale,
almeno per quanto riguarda la scienza del diritto, usciranno parzialmente solo
nel XIX sec., con la scoperta di una «giurisprudenza forestale» ispirata dalla cre-
scente esigenza di tutelare i beni paesistici e ambientali per ragioni di salute
pubblica, idrogeologiche e così via. Un accostamento suggestivo ma che, per le
ragioni già dette, non può essere accolto.

(72) Ibid., pagg. 36 ss.; H. BROISE, J. SCHEID, Etude d’un cas, cit., pagg. 145 ss.
(73) S. PANCIERA, La lex luci spoletina, cit., pagg. 41 ss.
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