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SICUREZZA CONTRO LIBERTÀ RELIGIOSA



















                     A poco più di dieci anni da quelle vicende, il 31 marzo 2017 la Corte
               Suprema di Cassazione italiana  si pronunciava per l’infondatezza del ricorso,
                                             (5)
               avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Mantova il 5 febbraio 2015, che
               aveva  condannato  il  signor  Singh  Jatinder  per  il  reato  di  “Porto  di  armi  ed
               oggetti  atti  ad  offendere”  di  cui  all’art.  4  della  legge  n.  110/1975  recante
               “Norme  integrative  della  disciplina  vigente  per  il  controllo  delle  armi,  delle
               munizioni e degli esplosivi”. La pena di duecento euro di ammenda veniva irro-
               gata dal giudice di merito perché l’imputato, “fuori dalla propria abitazione” e
               “senza un giustificato motivo”, portava un coltello, “idoneo all’offesa per le sue
               caratteristiche”, che rifiutava di consegnare alla polizia locale durante un con-
               trollo,  motivando  che  “il  proprio  comportamento  si  conformava  ai  precetti
               della sua religione” (essendo un indiano Sikh) e che, in ogni caso, “trovava tute-
               la nell’articolo 19 della Costituzione”.
                     La decisione del giudice disegnava un ragionamento condotto su tre elementi:
                     ➣ innanzitutto l’assenza del giustificato motivo, perché “le usanze religiose
               integravano mera consuetudine della cultura di appartenenza e non potevano
               avere l’effetto abrogativo di norma penale”;
                     ➣ in secondo luogo la ratio della norma stessa, “dettata a fini di sicurezza
               pubblica”;
                     ➣ infine l’idoneità in re ipsa all’offesa del coltello in possesso dell’imputato
               e da questi “portato alla cintura”.
                     Con la pronuncia del 2017 la Corte, nel dichiarare infondato il ricorso,
               confermava le scelte del giudice di merito sottolineando, quanto all’assenza del
               giustificato motivo, che “il simbolismo” legato al porto del kirpan non potesse
               ritenersi “la scriminante posta dalla legge”.


                     Con riferimento alla Charte québécoise l’art. 9.1 afferma che Les libertés et droits fondamentaux
                     s’exercent dans le respect des valeurs démocratiques, de la laicité de l’État, de l’ordre public et du bien-tre
                     général des citoyens du Québec. Per successive considerazioni infra, § 2.
               (5)   Corte Suprema di Cassazione, Sezione Prima Penale, Sentenza 31 marzo 2017, n. 24048.

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