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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE



                  La decisione del 20 settembre 2019 prolunga su questo punto quella del 21
             marzo, l’impossibilità di rifiutare la videoconferenza nel quadro del contenzioso
             in tema di messa in libertà in materia criminale non dovendo condurre a privare
             la persona di una comparizione fisica per un anno intero, durata massima inizia-
             le della detenzione provvisoria (119) . La portata di questa dichiarazione di incosti-
             tuzionalità resta nondimeno doppiamente incerta. Essa lo è perché, dato che la
             questione porta su una versione anteriore dell’art. 706-71, quest’ultimo non è
             censurato nella sua versione in vigore. La problematica della continuità della
             formula, spostata di un comma senza modificazioni sostanziali dalla legge del
             23 marzo 2019, si pone in maniera acuta e originale, come ha giustamente sot-
             tolineato un autore (120) . Bisogna allora sperare che la Cour de cassation estenda essa
             stessa l’autorità del giudicato del Consiglio costituzionale, senza la qual cosa toc-
             cherà a quest’ultimo, in sede di un ricorso incidentale che non mancherà di
             sopravvenire, tirare le conseguenze della decisione del 20 settembre 2019.
                  Questa decisione di incostituzionalità è pure incerta poiché, non riguardan-
             do che il contenzioso già citato sulla messa in libertà in maniera criminale, essa
             lascia nell’ombra quello sulla messa in libertà in materia di delitti (reati di gravità
             minore rispetto ai crimini, nel sistema francese), la durata senza comparizione
             fisica essendo allora al massimo di quattro mesi, come previsto dall’art. 145-1 del
             Codice di procedura penale. Se un intento di coerenza potrebbe portare a non
             distinguere le due situazioni, la volontà di restringere il campo del diritto di rifiu-
             tare la videoconferenza potrebbe tradursi in una differenziazione dei due regimi
             e nel mantenimento su questo della giurisprudenza della Cour de cassation (121) .
             Infine, com’è stato evocato, la restrizione temporale - “attualmente” - augura
             che la risoluzione delle problematiche legate al mezzo possa rendere incerta
             nell’avvenire la delimitazione del ricorso alla videoconferenza.
                  Il Consiglio costituzionale, dando prova di pragmatismo e di moderazio-
             ne, circoscrive così in maniera considerevole la portata reale della doppia deci-
             sione di incostituzionalità.

             (119) Nella sua decisione il Consiglio constata che, in materia criminale, e conformemente alle
                  disposizioni dell’art. 145-2 del Codice di procedura penale, il primo prolungamento in tema
                  di detenzione provvisoria può non avere luogo che dopo un anno. Il diritto di rifiutare il
                  ricorso alla videoconferenza, quale dedotto dalla decisione del 21 marzo 2019, assicurava la
                  possibilità di comparire fisicamente alla fine di quell’anno. Ritenendo tale facoltà insufficien-
                  te in rapporto all’importanza della garanzia di presentazione fisica, l’impossibilità di rifiutare
                  il ricorso alla videoconferenza nel quadro del contenzioso sulla messa in libertà è stato con-
                  siderato come una compressione eccessiva del diritto di difesa.
             (120) Su questo punto, v. A. DANET, Conseil constitutionnel et visioconférence dans le procès pénal ou la double
                  illusion du progrès, Lexbase Pénal, ottobre 2019 (N. Lexbase: N0663BY9).
             (121) Cfr. infra, n. 21.

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