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SISTEMA PENALE MILITARE, DIRITTI UMANI E FORZE ARMATE
Il primo aspetto di criticità è rappresentato dalla non omogenea formula-
zione dei testi normativi nell’individuare i casi di applicazione del codice di
guerra o di parti di esso.
Infatti, l’art. 2, lett. a) della Legge n. 6/2002, nel sostituire integralmente
il vigente art. 9 del c.p.m.g., dispone in via generale l’applicazione di detto codi-
ce, ancorché in tempo di pace, ai “corpi di spedizioni all’estero per operazioni
militari armate”.
La medesima legge, all’art. 2, lett. d), sostitutivo dell’art. 165 del c.p.m.p.,
prevede che le disposizioni del Titolo IV del medesimo codice, riguardanti i
reati contro le leggi e gli usi della guerra (in sostanza il diritto umanitario), tro-
vano applicazione, indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra,
in ogni caso di “conflitto armato”; la norma, inoltre, precisa che “per conflitto
armato si intende il conflitto in cui una almeno delle parti fa uso militarmente
organizzato e prolungato delle armi nei confronti di un’altra per lo svolgimento
di operazioni belliche”.
Pochi giorni dopo l’approvazione di tale disposizione, ci si rese proba-
bilmente conto della possibilità che in svariati casi non avrebbero comunque
trovato spazio applicativo le importanti disposizioni di diritto umanitario
contenute nel Titolo IV del codice, su alcune delle quali la stessa legge era
intervenuta allo scopo di adattarle ai principi costituzionali e di diritto inter-
nazionale .
(5)
Si decise, quindi, con la Legge n. 15/2002, di estendere la portata del cita-
to art. 165 aggiungendo un ulteriore comma, il terzo, contenente una disposi-
zione di carattere transitorio che così statuiva: “In attesa di una normativa che
disciplini organicamente la materia, le disposizioni del presente titolo si appli-
cano alle operazioni militari armate svolte all’estero dalle forze armate italiane”.
Come può notarsi, non vi è più alcun riferimento ai “corpi di spedizione”,
che è invece contenuto nell’art. 9.
(5) Si è trattato, però, di modifiche limitate e frammentarie, del tutto inidonee ad adattare un inte-
ro apparato normativo, pensato per una guerra di tipo tradizionale, alle concrete situazioni in
cui si muovono i nostri militari impegnati nelle missioni internazionali. Basti pensare che quasi
tutte le disposizioni di carattere precettivo sono costruite utilizzando definizioni quali “guerra”,
“privati nemici”, “Stato nemico occupato”, “belligeranti”, che risultano affatto estranee agli
attuali scenari operativi.
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