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PANORAMA DI GIUSTIZIA MILITARE
le lesioni o le percosse, nella esistenza di un ulteriore ed autonomo segmento
del fatto, trattandosi entrambi di reati privi di evento naturalistico (ovvero di
reati di pura condotta); e neppure un elemento significativo può essere indi-
viduato nelle finalità perseguite dall’agente, in quanto di tratta di reati a dolo
generico. In sostanza, i due reati si distinguono solo per la diversità del bene
giuridico protetto, per cui verrebbe a crearsi un rapporto di concorso formale
pressoché necessario, salvo ritenere - e questa sembra la soluzione più corretta
con riguardo all’ingiuria tra pari grado di cui all’art. 226 c.p.m.p. - che la lesione
della sfera sessuale assorba in sé anche quella dei beni giuridici tipici dei reati di
ingiuria.
La questione, però, è resa più insidiosa dalla natura plurioffensiva del reato
militare di abuso di autorità mediante ingiuria, che si pone come lesivo anche
del servizio e della disciplina, per cui all’interprete si richiede uno sforzo ulte-
riore per definire se ci si trova di fronte ad una possibile ipotesi di concorso for-
male ovvero se anche in questi casi si può parlare di assorbimento nell’unico
reato di violenza sessuale e, quindi, di concorso apparente di norme.
Sul punto sembra potersi affermare che la violenza sessuale non sia ido-
nea a riassumere in sé l’intero disvalore del fatto, in quanto, se appare capace
di assorbire l’immanente offesa al prestigio, all’onore e alla dignità della vit-
tima, non altrettanto può dirsi per l’offesa al servizio e alla disciplina, beni
giuridici evidentemente eccentrici rispetto al raggio di interesse del reato ses-
suale. D’altra parte, è ovvio che il reato militare di ingiuria ad inferiore, anche
nella forma dell’ingiuria reale, lascia completamente in ombra l’offesa alla liber-
tà sessuale della vittima, come è accaduto di fatto nella vicenda in esame, sia
pure a causa della mancanza della querela.
Ad avviso di chi scrive, quindi, pur nella consapevolezza che la dottrina
critica l’impostazione giurisprudenziale che limita il concorso apparente di
norme ai soli casi di identità di bene giuridico, potrebbe sostenersi che la natura
plurioffensiva del reato militare di cui all’art. 196, comma 2, c.p.m.p. (che, non
si dimentichi, si configura solo in assenza delle cause di esclusione previste
dall’art. 199 c.p.m.p. e, quindi, quando vi è un particolare legame con il servizio
e la disciplina) determina una vicenda di concorso formale di reati e, quindi, la
configurabilità di entrambe le fattispecie.
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