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REATI SESSUALI E DIRITTO PENALE MILITARE
                        QUESTIONI ATTUALI E PROSPETTIVE DE IURE CONDENDO

             sulla concreta realtà del mondo militare la normativa in materia di repressione
             dei reati sessuali, crimini che purtroppo vedono le donne come vittime princi-
             pali. Eppure non può sfuggire che i soggetti in armi sono chiamati a vivere in
             un contesto lavorativo che, a causa della pervasività delle sue regole, costituzio-
             nalmente giustificate dall’importanza fondamentale degli interessi in gioco, tra-
             scende la dimensione meramente professionale.
                  Le attività in cui si esplica il servizio militare, proprio in virtù della fisiolo-
             gica esigenza di compattezza e unità dei reparti, sia sotto il profilo morale che
             funzionale, sono caratterizzate da dinamiche organizzative che impongono rap-
             porti interpersonali particolarmente intensi e coinvolgenti, che se per un verso
             ne costituiscono un punto di forza, per altro verso possono rappresentare un
             fattore di rischio non secondario per il verificarsi di condotte devianti in termini
             di offesa alla libertà sessuale, soprattutto dei soggetti appartenenti ai gradi più
             bassi della scala gerarchica. Per non dire che, nei casi in cui sussista un rapporto
             di sovraordinazione tra l’agente e la vittima, è evidente che il particolare stato
             di soggezione in cui quest’ultima si trova potrebbe facilmente non solo ridurne
             le capacità di resistenza, ma anche condizionare le decisioni ai fini della pro-
             posizione della querela, salvo che non sia configurabile la circostanza di cui
             all’art. 609-septies del codice penale, che disciplina i casi di perseguibilità d’ufficio.
                  È legittimo, quindi, porre in luce le particolari esigenze che promanano dal
             contesto militare, perché se ne tenga adeguato conto allo scopo di evitare che
             la mancanza di tempestivi interventi repressivi, soprattutto per quelle condotte
             di non elevata lesività, abbia come conseguenza una possibile escalation degli
             episodi di aggressione alla sfera sessuale, dato che l’esperienza insegna che que-
             sti comportamenti devianti, quando si sviluppano nell’ambito di una quotidia-
             nità di rapporti, se non stroncati rapidamente, possono degenerare in atti di
             sempre maggiore gravità, come reso evidente dagli innumerevoli casi di violen-
             za sulle donne che si sviluppano all’interno delle mura domestiche.
                  Insomma, la convivenza in caserma di personale maschile e femminile
             qualche problema lo pone, se non altro in termini di opportunità di individuare
             più adeguati, anche se non necessariamente più gravi, meccanismi repressivi,
             fermo restando che la prevenzione resta sempre il più efficace rimedio per con-
             trastare questi fenomeni.


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