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PANORAMA DI GIUSTIZIA MILITARE


               liari in un campo in cui la qualità soggettiva dell’agente, in virtù del ruolo essen-
               ziale che svolge in tutte le fattispecie di reato militare, trova la sua disciplina
               all’interno del codice penale militare di pace e, quindi, in un contesto normativo
               che difficilmente può sfuggire alla qualifica di “legge penale”.
                    Appare ragionevole affermare, quindi, che un errore sulla interpretazione
               dell’art. 5 c.p.m.p. non risponde alla regola dell’art. 47, comma 3. Ne consegue
               che  non  potrà  avere  alcuna  efficacia  scriminante  l’errore,  ad  esempio,
               dell’Ufficiale che ritenga a lui applicabile in via analogica la disciplina prevista
               dall’art. 5 c.p.m.p. per i sottufficiali sospesi dal servizio, che non sono equiparati
               ai militari in servizio. Sarà invece rilevante (almeno a certe condizioni, come di
               seguito si vedrà) l’errore del sottufficiale che, male interpretando una disposizione
               in materia di procedimento amministrativo, ritenga valido ed efficace un provve-
               dimento di sospensione dal servizio in realtà non perfezionatosi, trattandosi di
               errore su una norma volta a regolare, secondo il surriportato insegnamento della
               Cassazione, “rapporti giuridici di carattere non penale e non esplicitamente incor-
               porata in una norma penale, o da questa non richiamata neppure implicitamente”.
                    Queste necessarie puntualizzazioni, tuttavia, non esauriscono lo spettro
               delle questioni che vengono in rilievo quando si affronta il tema dell’errore sulla
               qualificazione soggettiva dell’agente nel reato proprio, dovendosi operare una
               serie di inevitabili distinzioni a seconda di come la qualità del soggetto attivo
               viene ad incidere sulla stessa offensività del reato. In proposito, pur con l’avver-
               tenza che si tratta di materia ampiamente controversa, l’approdo più convincen-
               te è stato delineato dal Mantovani  e, quindi, senza voler in alcun modo pre-
                                                 (7)
               tendere di dare un quadro esaustivo, se ne propongono in questa sede i tratti
               essenziali, provando a calare i risultati raggiunti sul terreno che qui interessa.
                    Il chiaro giurista, muovendosi nel contesto dell’analisi delle differenze tra errore
               sul precetto e errore sul fatto, ha riconosciuto tre diverse categorie di reato proprio:
                    - il reato proprio esclusivo, in cui l’offensività-illiceità del fatto si determi-
               na in assoluto solo se il soggetto attivo, cosiddetto intraneus, è portatore della
               specifica qualifica soggettiva prevista dalla norma;
                    - il reato proprio semiesclusivo, in cui la particolare qualifica soggettiva
               dell’agente comporta solo il mutamento del titolo di reato rispetto ad analoga

               (7)   Diritto penale, Parte Generale, pag. 375, Padova, 2015.

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