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PANORAMA DI GIUSTIZIA MILITARE


                    A rendere più articolato il quadro si pone la considerazione che, a causa
               della complessità dei compiti affidati alla pattuglia e della estrema variabilità delle
               situazioni che possono emergere nel corso del servizio, il concreto svolgimento
               dell’attività è inevitabilmente caratterizzato da significativi margini di discrezio-
               nalità, in relazione ai quali valgono le considerazioni precedentemente svolte
               circa la natura tassativa della consegna e l’esclusione dal novero del penalmente
               rilevante delle scelte rimesse all’apprezzamento, ancorché “tecnico”, dell’agente.
                    Vediamo quindi come la sentenza in esame, sulla scia di una giurispruden-
               za che negli ultimi tempi è andata ormai consolidandosi, si è posta di fronte allo
               specifico caso qui in esame, consistente nella interruzione del servizio, condotta
               che, come si è già avuto modo di notare, non rientra tra quelle espressamente
               prese in considerazione dalle consegne sia generali sia particolari.
                    Il fatto era il seguente. Nel corso di un servizio di pattuglia automontata,
               il capopattuglia, in concorso con l’altro componente, aveva interrotto il servizio
               recandosi presso la propria abitazione ove si era trattenuto per un apprezzabile
               lasso di tempo. A seguito della condanna inflitta dal Tribunale Militare, sostan-
               zialmente confermata dalla Corte Militare d’Appello, l’imputato tramite il suo
               difensore aveva proposto ricorso per Cassazione sostenendo proprio che nes-
               sun regolamento generale disponeva che il servizio dovesse essere svolto inin-
               terrottamente senza pause. Nelle osservazioni difensive si sottolineava, inoltre,
               che i compiti di perlustrazione, vigilanza ecc., previsti nell’ordine di servizio,
               erano stati rigorosamente rispettati. Ulteriori censure evidenziavano come nel-
               l’iter decisionale esposto in motivazione non si fosse tenuto conto che il luogo
               ove si era trattenuto l’imputato rientrava nel territorio di competenza della pat-
               tuglia e non era stata sviluppata alcuna valutazione sulla concreta offensività
               della condotta rispetto alle esigenze di servizio. Ad avviso del difensore, invece,
               i giudici avevano dato improprio valore a quanto riferito dal comandante circa
               gli espliciti richiami al dovere di non interrompere il servizio per ragioni private,
               rivolti all’imputato, ma in tal modo era stato dato spazio ai superiori di stabilire
               arbitrariamente le prescrizioni la cui violazione fosse lesiva del bene protetto e,
               quindi, definire i confini della concreta offensività della condotta .
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               (7) Appare evidente il richiamo, peraltro alquanto improprio, ad alcune argomentazioni utilizzate
                   dalla dottrina precedentemente richiamata.

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