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La richiesta di procedimento del Comandante di Corpo: è sempre dalla data di
conoscenza del fatto che decorre il termine di un mese entro cui va presentata
Nota a Cassazione, Sezione I, 3 marzo 2015/25 marzo 2015, n. 12567
Dottor Antonio SABINO
Richiesta di procedimento - Tempo intercorso tra la data del fatto e quella in cui lo stes-
so viene a conoscenza del Comandante di Corpo - Irrilevanza sul calcolo del termine di un
mese previsto dall’art. 260 c.p.m.p.
Il periodo di tempo intercorrente tra la data del fatto e quella in cui lo stesso viene a
conoscenza del Comandante di Corpo, anche se di non breve durata, non influisce sul termine
di un mese previsto dall’art. 260 c.p.m.p. entro cui esercitare il potere di proporre la richiesta
di procedimento; detto termine, di natura perentoria, decorre in ogni caso dal momento in cui
il titolare del potere di richiesta riceve la notizia del fatto.
La sentenza della Suprema Corte che in questo numero segnaliamo all’at-
tenzione dei gentili lettori, anche se non recentissima, appare di significativo
interesse in quanto attinente ad un istituto, la richiesta di procedimento del
Comandante di Corpo ex art. 260 del Codice penale militare di pace, che ha
costituito oggetto di notevoli attenzioni sia da parte della dottrina che della giu-
risprudenza.
In particolare, a partire dalla metà degli anni settanta, i giudici militari si
sono in più occasioni rivolti alla Corte Costituzionale, invitandola a verificarne
la compatibilità con i principi consolidati nella nostra Carta fondamentale.
Due aspetti soprattutto sono stati segnalati come non esenti da possibili
rilievi: da un lato l’assoluta discrezionalità con cui l’autorità preposta esercita il
potere a lui conferito dalla legge, da cui possono derivare situazioni di disparità
di trattamento non contemperate da alcun dovere di dare conto, mediante ade-
guata motivazione, delle ragioni poste alla base della decisione, con conseguente
possibile violazione dell’art. 3 della Costituzione, e dall’altro lato la scarsa tutela
della posizione della persona offesa dal reato militare alla quale, a causa della
mancata previsione della querela, è sottratta la possibilità, riconosciuta invece
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