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LA RICHIESTA DI PROCEDIMENTO DEL COMANDANTE DI CORPO

             armate,  “evitando  che  l’incondizionato  esercizio  dell’azione  penale  possa  di
             fatto causare un pregiudizio proporzionalmente maggiore di quello prodotto
             dal reato”, si giustifica in considerazione della modesta attitudine offensiva delle
             condotte perseguibili a richiesta, in relazione alle quali comunque la vittima può
             fare ricorso al giudice civile per ottenere il risarcimento del danno.
                  L’affermazione,  ormai  da  considerarsi  consolidata,  della  compatibilità
             costituzionale della richiesta ex art. 260, comma 2 c.p.m.p. con riferimento alle
             questioni sino ad oggi sollevate, ha comunque lasciato aperte alcune criticità, che
             i giudici di merito hanno provato a superare attraverso percorsi interpretativi
             rivelatisi, però, alquanto impervi e scarsamente produttivi di risultati effettivi.
                  La sentenza della Corte di Cassazione qui in esame è intervenuta proprio
             su una decisione, adottata all’esito di un’udienza preliminare, che costituisce un
             esempio paradigmatico di siffatta tipologia di approccio ermeneutico, volto, nel
             caso di specie, a trovare il sistema di arginare, a legislazione invariata, l’espan-
             sione potenzialmente illimitata dell’intervallo temporale tra la data del fatto e
             quella in cui il Comandante di Corpo riceve la notizia di esso.
                  Si tratta di un fenomeno che, come si dirà meglio più avanti, può verifi-
             carsi nel frequente caso in cui l’acquisizione della notizia di reato militare avven-
             ga ad opera di Ufficiali di Polizia Giudiziaria Militare che, rispetto al soggetto
             interessato, non rivestano la qualifica di Comandanti di Corpo; dal che conse-
             gue la necessità di una comunicazione ad hoc, che ponga a conoscenza del fatto
             il titolare della facoltà di richiedere il procedimento penale.
                  Nello specifico si era verificato che la notizia di un episodio accaduto il
             4 luglio 2012 era pervenuta al competente Comandante di Corpo in data
             18 settembre 2012, e ciò grazie ad una segnalazione della Procura militare. La
             richiesta di procedimento era stata quindi avanzata in data 21 settembre 2012.
                  Ad avviso del Giudice dell’Udienza Preliminare, detta richiesta non poteva
             considerarsi tempestiva, con riferimento al termine di un mese previsto dall’art. 260,
             comma  quarto,  c.p.m.p.,  nella  considerazione  che  gli  eventuali  ritardi  nelle
             comunicazioni  sulla  linea  della  catena  di  comando  del  militare  coinvolto  in
             vicende suscettibili di essere valutate a fini penali non potevano ricadere nega-
             tivamente sugli interessati che, di fatto, si trovavano a soggiacere - in ipotesi a
             tempo indeterminato - al sopravvenire della condizione di procedibilità.


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