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AUTODETERMINAZIONE, SECESSIONE E ORDINE INTERNAZIONALE
A ciò si aggiungeva il bacino della Saar, che veniva affidato a una
Commissione internazionale nell’attesa di un plebiscito che avrebbe deciso il
destino della regione.
Le modificazioni territoriali più rilevanti, e foriere di tensioni, in realtà
riguardarono i confini orientali. Occorreva infatti soddisfare le aspirazioni del
neonato Stato polacco, la cui creazione era stata posta dal Presidente statuniten-
se Woodrow Wilson come il tredicesimo dei suoi celebri Fourteen Points. Fu così
che la Posnania e la Prussia Occidentale furono inappellabilmente attribuite a
Varsavia, mentre a Danzica era attribuito lo status di Città Libera. Restava il
nodo della provincia dell’Alta Slesia, ambita tanto dalla Germania quanto dalla
Polonia per le sue strategiche risorse minerarie. In questo caso, il quadro di
insieme era complicato dalla presenza di una forte minoranza polacca che nei
distretti orientali, quelli più ricchi di giacimenti fossili, finiva però per costituire
la maggioranza della popolazione .
(1)
Alla Conferenza di Parigi, a fronte delle accanite rivendicazioni che prove-
nivano tanto da Varsavia quanto da Berlino, salomonicamente fu fatto valere il
principio di autodeterminazione: il futuro assetto dell’Alta Slesia sarebbe stato deciso
da un plebiscito. Occorreva però che fossero garantite le condizioni perché que-
sta consultazione potesse svolgersi in maniera regolare: l’art. 88 del Trattato, con
il relativo Allegato, prevedeva pertanto l’evacuazione delle truppe tedesche dalla
provincia oltre allo scioglimento delle milizie paramilitari. L’amministrazione
dell’Alta Slesia, quindi, sarebbe stata devoluta ad una Commissione
Internazionale composta da quattro membri nominati dagli Stati Uniti, dalla
Francia, dall’Impero Britannico e dall’Italia. Infine, si disponeva l’invio di un
contingente interalleato per stabilizzare la provincia. All’indomani della fine della
Grande Guerra l’Europa Orientale era in uno stato di costante agitazione e con
tutta evidenza si voleva evitare di rendere questo quadrante geopolitico ancor
più instabile. Le firme erano state appena apposte al trattato che era scoppiata la
prima delle tre insurrezioni destinate in pochi mesi a sconvolgere l’Alta Slesia .
(2)
La dinamica degli scontri iniziati nel luglio 1919 fotografava le tensioni che lace-
ravano la regione: nel corso di alcune agitazioni dieci minatori polacchi erano
stati uccisi dai militi del Grenzschutz a Myslowitz (Myslowice) .
(3)
(1) In merito alle disposizioni relative ai confini della Germania contenute nel trattato di Versailles,
mi permetto di rinviare a Filippo Ruschi, Il ‘nomos’ di Versailles: un itinerario cartografico, in Stefano
MANNONI, Da Vienna a Monaco (1814-1938), Torino, Giappichelli, 2019, pp. 189-237.
(2) Cfr. in particolare Peter LEŚNIEWSKI, The 1919 Insurrection in Upper Silesia, in CIVIL WARS, a.
3, n. 1 (spring 2001), pp. 222-48.
(3) La Grenzschutz era una polizia a ordinamento militare destinata in prima battuta al controllo della
frontiera, in merito alle unità operanti in Slesia cfr. Timothy K. WILSON, Frontiers of Violence: Conflict
and Identity in Ulster and Upper Silesia 1918-1922, Oxford, Oxford University Press, 2010, pp. 102-105.
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