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USO CONSAPEVOLE DEI SOCIAL MEDIA
Tutto quanto sopra espresso non deve ovviamente andare a scapito della
libertà di ordinaria aggregazione attraverso tali strumenti social e, soprattutto,
della libertà di pensiero (e di critica), espressa con pacatezza, ma anche talvolta
in modo garbatamente ironico, umoristico e in una corretta contestualizzazione
storico-ambientale (ad esempio, in esemplificazioni didattiche, o in scambi di
opinioni ioci o docendi causa tra colleghi o amici).
In conclusione, in un’epoca connotata da diffuso degrado etico in vari
contesti, il recupero della sobrietà espressiva, della ponderazione in ciò che si
scrive, si fotografa e si posta, oltre che della ricerca della verità dei fatti e della
onestà valutativa degli stessi, deve essere un basilare obiettivo a tutela della vera
libertà di pensiero sia per i giornalisti, sia per i pubblici dipendenti, oltre che per
i liberi professionisti e per lavoratori privati. Ma tale monito va rivolto, non da
ultimo, anche ai politici, modello etico-comportamentale a cui la società fatal-
mente si ispira, vedendo ogni giorno esternazioni televisive, radiofoniche, car-
tacee e, soprattutto, telematiche (Twitter, Facebook ecc.) di autorevoli parlamen-
tari e Ministri, non sempre ispirate a logiche di sobrietà e compostezza.
Queste ultime possono pericolosamente indurre il “cittadino qualsiasi”
(soprattutto se in divisa) ad emulare un certo lassismo verbale, abbandonandosi
a critiche infelici o commenti inopportuni a fraseggi scurrili, che possono tra-
dursi in illeciti disciplinari, sostanzialmente assenti invece per la classe politica
(basti pensare al carente sistema disciplinare dei parlamentari sul piano norma-
tivo e all’occasionale esercizio punitivo interno ai partiti), ma ben presenti nel
pubblico impiego e che in taluni casi possono trasmodare in illecito civile e
addirittura penale (diffamazione aggravata dall’utilizzo di un mezzo di pubbli-
cità, quale è Facebook o altro strumento social: art. 595, comma 3, c.p.) .
(74)
Difatti, anomalmente latitanti in punto di regole etiche e disciplinari appa-
iono la politica e gli organi di governo centrali e locali, carenti nel fissare
(75)
(76)
(74) Per un caso di possibile diffamazione di un collega attraverso Facebook da parte di un finan-
ziere, cfr. Cass. pen. n. 16712/2014, cit. Sulla giurisprudenza univoca sul punto di diffama-
zione aggravata tramite strumenti social, cfr. la precedente nota 8.
(75) I partiti politici hanno parimenti laconici regolamenti disciplinari, con sanzioni però che, in
astratto, possono giungere sino alla espulsione. Sull’etica della politica, assai efficaci ci sem-
brano le parole espresse sul punto dal sen. Chiti in una intervista di Giovanni Grasso in R.
CHIEPPA, S. TRAVERSA (a cura di), Etica e responsabilità. Principi fondamentali e società civile italia-
na (Atti del Convegno, Roma, 8 giugno 2010), Napoli, Jovene, 2011, 196, secondo cui “I partiti
devono garantire il rispetto dell’etica e della legalità in maniera più stringente rispetto a
quanto può fare la magistratura. Ci sono comportamenti che non hanno riflessi penali ma
che sono incompatibili con una politica orientata da valori e vissuta come impegno per i
cittadini. La politica non può tollerare comportamenti scorretti. Deve dare priorità alla tra-
sparenza e alla credibilità [...] alcuni incarichi impongono un passo indietro in caso di vicen-
de giudiziarie, fino all’accertamento delle responsabilità. Attraverso lo statuto ed il codice
etico di ciascun partito, bisogna fissare regole chiare”. In sintonia con tali enunciati, nella
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