Page 86 - Rassegna 2019-3
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DOTTRINA
regolamenti o deliberati consiliari) che ai sensi dell’art. 54, comma 5, del D.Lgs.
n. 165/2001 e dell’art. 1, comma 2, del DPR n. 62/2013, recependo e adattan-
do il codice-tipo del DPR n. 62 citato, esaltino il profilo comunicativo dei
dipendenti, dettagliando e sconsigliando talune condotte telematiche inoppor-
tune o vietate.
Tale uso consapevole degli strumenti social non va però limitato alle
dichiarazioni scritte o verbali pubbliche, ma va esteso, a nostro avviso, come
recenti fatti di cronaca confermano, alle fotografie o filmati spesso inviati
(73)
tramite Whatsapp o addirittura inseriti in pagine telematiche aperte, che posso-
no evidenziare condotte sconvenienti o frequentazioni di soggetti (ad esempio,
destinatari, in sedi istituzionali, di provvedimenti di varia natura facenti capo
al pubblico dipendente immortalato) non consone allo status e alla qualifica
rivestita: si pensi a foto di dipendenti (soprattutto appartenenti a Forze di
Polizia) con pregiudicati, o espressive di gesti scomposti in contesti pubblici
(ad esempio, istigazioni alla violenza in una tifoseria), o di aperta convivialità
ludico-ricreativa con soggetti nei cui confronti va mantenuta terzietà (ad esem-
pio, un magistrato in atteggiamenti intimi o estremamente amichevoli con un
avvocato patrocinante nel suo distretto), o di denigrazione del rispetto delle
norme (ad esempio, istigazioni a condurre motoveicoli a folli velocità in auto-
strada da parte di un poliziotto), o di istigazione all’odio razziale a discrimina-
zioni (ad esempio, in commenti a filmati Whatsapp durante l’arresto di un
extracomunitario o in post su Facebook dedicati offensivamente ai parcheggiatori
abusivi), ecc.
(73) Nel lavoro privato la giurisprudenza ha affermato che “Integra gli estremi della giusta causa
di licenziamento il fatto del dipendente che ha ‘postato’ sul proprio profilo Facebook una foto
nella quale egli è ritratto impugnando un arma” (Trib. Bergamo, 24 dicembre 2015, cit.).
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