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INAMMISSIBILE IL RITO ABBREVIATO PER I REATI PUNITI CON L’ERGASTOLO



                     Si prevede, così, che qualora all’esito dell’udienza preliminare la qualifica-
               zione giuridica del fatto consenta il rito abbreviato, il giudice con il decreto che
               dispone il giudizio debba informare l’imputato che entro quindici giorni potrà
               chiedere il rito speciale. Sul punto l’art. 4 della legge n. 33 del 2019 al secondo
               periodo dell’introdotto comma 2-bis dell’art. 429 c.p.p. prevede che si “applichi-
               no le disposizioni dell’art. 458 c.p.p.”.
                     Invero, il richiamo all’art. 458 c.p.p. appare del tutto inadeguato alla situa-
               zione de qua. Pienamente in linea con la mancanza di un’udienza preliminare,
               non appare coerente e lineare nella situazione nella quale un’udienza prelimina-
               re si sia non solo svolta, ma un’udienza all’esito della quale il giudice si è pro-
               nunciato nel senso dell’opportunità del dibattimento.
                     Al riguardo, infatti, si prospettano numerosi interrogativi.
                     In primo luogo, appare necessario interrogarsi su quale debba essere il
               giudice del relativo procedimento.
                     Invero, il giudice dell’udienza preliminare si è già pronunciato nel merito
               - ancorché in una dimensione processuale - della vicenda giudiziaria.
                     L’art. 34 c.p.p. dispone che il giudice che ha disposto il rinvio a giudizio
               non possa partecipare “al giudizio”. Il riferimento è sicuramente connesso alla
               fase dibattimentale. Il dato, tuttavia, riflette il percorso “ordinario”. Nel caso di
               specie si prospetta una situazione inedita. È vero che il giudice dell’udienza pre-
               liminare si prospetterebbe sempre come giudice di quel segmento processuale,
               costitutivo dell’udienza preliminare. È altresì vero che il giudice sarebbe investi-
               to dalla richiesta dell’imputato che, tuttavia, non richiedendo il rito contratto è
               consapevole  del  possibile  esito  processuale,  potendo  optare  per  il  giudizio
               dibattimentale. Tuttavia, in questo caso non usufruirebbe dello sconto di pena.
               Non sarebbe, del resto, recuperabile - stante l’espressa previsione del novellato
               art. 429 c.p.p. - quanto previsto per la modifica dell’imputazione a seguito del
               dibattimento (art. 438, comma 6, c.p.p.).
                     Peraltro, anche la sostituzione del giudice non andrebbe esente da incon-
               venienti: quid iuris nel caso in cui il nuovo giudice si orientasse diversamente in
               punto di qualificazione giuridica. Non si potrebbe, del resto, ritenere che l’unica
               attività che il giudice investito della richiesta debba limitarsi a quantificare la
               pena nei termini di cui all’art. 442 c.p.p.
                     Invero, dovrebbe ritenersi che l’imputato sia rimesso nelle condizioni di
               richiedere il rito nelle sue articolazioni - quella cosiddetta secca e quella condi-
               zionata - nonché di produrre quelle investigazioni difensive (eventualmente)
               non prodotte e di sviluppare le argomentazioni nel merito che aveva ritenuto di
               produrre in dibattimento.


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