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FLUSSI MIGRATORI E CRIMINALITÀ ORGANIZZATA



                     La mancanza di una soluzione a livello comunitario, la chiusura dei porti
               o delle frontiere da parte di alcuni Stati membri non significa, tuttavia, che i
               flussi migratori verso il continente europeo cesseranno o tenderanno a ridursi
               sensibilmente quanto, piuttosto, che saranno trovate altre rotte per il traffico di
               esseri umani. Le organizzazioni criminali hanno dimostrato una enorme capa-
               cità di adattamento alle politiche migratorie dei paesi mediterranei maggior-
               mente confinanti con le sponde dei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente.
               Il che fa immaginare che queste organizzazioni continueranno ad operare con
               modalità non molto dissimili da quelle sin qui applicate e dalle quali hanno trat-
               to ingenti profitti e la quasi totale impunità per i reati commessi. Non si prevede
               che la situazione economica e politica di molti Stati dell’Africa subsahariana
               possa evolvere in modo radicale al punto da scoraggiare o da rendere non più
               vantaggiosa l’emigrazione di milioni di africani.
                     In attesa che gli Stati dell’UE, o almeno quelli che hanno manifestato una
               maggiore sensibilità ai temi dell’immigrazione, raggiungano un accordo sulla
               realizzazione di corridoi umanitari in grado di assicurare, per le persone in con-
               dizioni di maggiore vulnerabilità (vittime di persecuzioni, famiglie con bambini,
               richiedenti asilo), un ingresso legale nei rispettivi paesi, si ritiene necessario per-
               seguire strade diverse.
                     Una iniziativa avviata di recente da un gruppo di studio in Sapienza  riguar-
                                                                                   (8)
               da la revisione e l’ampliamento da apportare alla normativa penale nazionale per
               adattarla ai cambiamenti intervenuti nelle modalità di realizzazione del traffico di
               migranti da parte delle organizzazioni criminali e, al tempo stesso, per consentire
               il riconoscimento della giurisdizione in ordine ai reati commessi in acque inter-
               nazionali o in acque territoriali di pertinenza degli Stati di imbarco da persone
               appartenenti alle organizzazioni criminali. Si darebbe così attuazione a quanto
               previsto dall’art. 15, par. 2, c) (I) della Convenzione ONU contro la criminalità
               organizzata, che riconosce in capo allo Stato Parte la sua giurisdizione nel caso
               in cui il reato sia “uno di quelli stabiliti ai sensi dell’art. 5, par. 1, della presente
               Convenzione ed è commesso al di fuori del suo territorio, al fine di commettere
               un grave reato su il suo territorio”. Il punto da cui si è partiti è un attento esame
               della normativa sul “favoreggiamento all’immigrazione clandestina” (l’art. 12 del
               D.Lgs. n. 286/1998, TU Immigrazione) dalla quale risulta assente ogni riferimen-
               to alle condotte dei trafficanti nei confronti degli immigrati, essendo la norma
               indirizzata a punire l’ingresso illegale di stranieri nel territorio dello Stato Italiano.


               (8)   Si fa qui riferimento al gruppo di lavoro da me costituito presso la Facoltà di Giurisprudenza
                     dell’Università  degli  Studi  di  Roma  Sapienza  a  cui  partecipano,  tra  gli  altri,  i  Proff.  Enzo
                     Cannizzaro, Maria Teresa Trapasso, Pasquale Bronzo, Emanuele Cimiotta, Maurizio Marceca.

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