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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE



                  La distinzione spesso introdotta tra queste due tipologie di reati , l’ele-
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             mento temporale (nel caso del traffico di migranti il tempo necessario per il tra-
             sporto nel paese di destinazione; nel caso della tratta il tempo è più lungo in
             funzione del debito contratto da ripagare), il buon fine dell’operazione (inesi-
             stente nel caso dei migranti una volta incassato il pagamento del viaggio; essen-
             ziale nel caso della tratta di persone che devono restare sostanzialmente “inte-
             gre” per essere sfruttate e ripagare in tal modo il debito contratto), la violenza
             fisica e psicologica (maggiore nella tratta perché indotta con forza ad ottenere
             il consenso della persona allo sfruttamento sessuale o ad altre prestazioni for-
             zate) perde, se prendiamo a riferimento le esperienze vissute in questi ultimi
             anni dai migranti che hanno cercato di giungere in Europa attraverso il Mare
             Mediterraneo, grande parte del suo significato (UNSML 2018).
                  I racconti dei migranti che sono riusciti ad arrivare sulle coste dei Paesi
             mediterranei (Italia, Spagna e Grecia principalmente) descrivono viaggi, iniziati
             nei Paesi di origine, che hanno una durata media oscillante tra i quindici e i tren-
             tasei mesi a causa delle difficoltà di trasporto incontrate lungo il percorso di
             avvicinamento alle coste di imbarco e dei lunghi periodi trascorsi sia nei paesi
             di transito sia nei diversi centri di detenzione per ottenere, da parte dei familiari
             o attraverso lavori forzati, il denaro richiesto per la loro liberazione.
                  Le violenze e le torture subite da donne, uomini e bambini, lungo tutto il
             viaggio  e  nei  centri  libici  e  il  numero  di  migranti  morti  nelle  acque  del
             Mediterraneo (oltre trentamila negli ultimi quindici anni, 2872 nel 2017, 1311
             nel 2018 secondo i dati UNHCR) sono una ulteriore testimonianza del com-
             portamento disumano dei trafficanti e dei gruppi armati di sorveglianza ai cen-
             tri di detenzione, disponibili ad attuare ogni tipo di violenza (torture, stupri di
             gruppo, ferite da armi da fuoco, bruciature ma anche malnutrizione, assenza di
             igiene, sovraffollamento), per costringere i migranti a pagare (spesso più di una
             volta) i riscatti richiesti per lasciarli partire. Inoltre, le modalità di imbarco dei
             migranti in battelli e gommoni fatiscenti, sovraffollati, privi di salvagenti e spes-
             so di acqua e cibo, inadatti a percorrere meno delle trecento miglia che separano
             la Libia dalle coste italiane, sono la prova manifesta di un trasporto program-
             mato “senza alcuna oggettiva speranza di sopravvivenza”, se non quella creata
             artificialmente per attivare le condizioni di necessità per la richiesta di soccorso
             in  base  alla  Convenzione  internazionale  sulla  ricerca  e  il  soccorso  in  mare
             (1979).
                  Se non ci fossero stati interventi di soccorso da parte delle unità navali pre-
             disposte per la sorveglianza delle frontiere e per fermare e mettere fuori uso le
             (4)  AIROMA, DIOTALLEVI, 2012.

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