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ECO AMBIENTE
Ciò in virtù - rilevava la Corte Suprema - della richiamata norma di cui al
D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 313, comma 7, la quale viene particolarmente in rilie-
vo con riferimento al seguente profilo e quesito, esaminato nella sentenza in que-
stione: se sia reclamabile da parte dell’ente territoriale un danno, bensì distinto
dal danno all’ambiente riservato allo Stato, ma di natura non patrimoniale e, in
particolare, sub specie di danno all’immagine o alla reputazione dell’ente.
Al riguardo, la sentenza in commento (numero 24619/2014) evidenziava
come la stessa Corte Suprema avesse già avuto modo di precisare che la nor-
mativa speciale sul danno ambientale dianzi descritta si affianca (non sussisten-
do alcuna antinomia reale) alla disciplina generale del danno posta dal codice
civile, non potendosi pertanto dubitare della legittimazione degli enti territoriali
a costituirsi parte civile iure proprio, nel processo per reati che abbiano cagio-
nato pregiudizi all’ambiente, per il risarcimento non del danno all’ambiente
come interesse pubblico, bensì (al pari di ogni persona singola o associata) dei
danni direttamente subiti, ovvero quelli diretti e specifici, ulteriori e diversi
rispetto a quello, generico di natura pubblica, della lesione dell’ambiente come
bene pubblico e diritto fondamentale di rilievo costituzionale .
(3)
Si trattava però di stabilire se tali danni ulteriori e diversi dal danno all’am-
biente, per essere ammessi a risarcimento, dovessero oppure no avere carattere
patrimoniale, con esclusione dunque dei danni non patrimoniali.
Al riguardo la Corte Suprema riteneva - aderendo ad un orientamento
non univoco, ma già dalla stessa in più occasioni espresso - che il danno
risarcibile non dovesse ritenersi limitato all’ambito patrimoniale di cui all’art.
2043 c.c., e ciò:
a)sia perché tanto non si ricava in modo tassativo dalla formulazione della
norma (art. 313, comma 7, secondo periodo D.Lgs. cit.) - la quale, invero, nel
far testuale riferimento ai “soggetti danneggiati... nella loro salute o nei beni di
loro proprietà”, non esprime in modo chiaro e univoco l’intento di escludere
altri possibili pregiudizi patrimoniali e non, sembrando piuttosto quel riferi-
mento aver valore solo esemplificativo, specie in presenza del successivo più
generico riferimento ai “diritti” e “interessi lesi”;
b)sia perché - a tutto concedere - non v’è ragione logica e sistematica per
ritenere tale norma di legge di portata tale da prevalere o rendere inoperante in
materia la generale norma codicistica (avente ovviamente pari ordinata forza di
legge) di cui all’art. 185 c.p. che, come noto, dispone che ogni reato, che abbia
cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga il colpevole al
(3) Sez. Terza, n. 36514 del 3 ottobre 2006 - dep. 3 novembre 2006, CENSI e altri, Rv. 235059; Sez.
Terza, n. 14828 del 11 febbraio 2010 - dep. 16 aprile 2010, DE FLAMMINEIS e altro, Rv. 246812.
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