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IL TEMA DELLA RISARCIBILITÀ DEI DANNI CONSEGUENTI A REATI AMBIENTALI



                     Si tratta di una peculiare responsabilità di tipo extracontrattuale (aquilia-
               na) connessa a fatti, dolosi o colposi, cagionanti un danno ingiusto all’ambien-
               te,  dove  l’ingiustizia  è  stata  correlata  alla  violazione  di  una  disposizione  di
               legge con la previsione - al comma 3 - che l’azione di risarcimento del danno
               ambientale, anche se esercitata in sede penale, possa essere promossa “dallo
               Stato, nonché dagli enti territoriali sui quali incidevano i beni oggetto del fatto
               lesivo”.
                     È successivamente intervenuto - precisa la Corte - il D.Lgs. 3 aprile 2006,
               n. 152 (Norme in materia ambientale), con il quale il legislatore ha:
                     -  ridefinito la nozione di danno ambientale (inteso come “deterioramento
               significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità
               assicurata da quest’ultima”: art. 300, comma 1), facendo specifico riferimento a
               quella posta, in ambito comunitario, dalla direttiva 2004/35/CE, per quel che
               riguarda i beni naturali che devono risultare lesi, le norme di protezione nazio-
               nali e comunitarie violate, le condotte nocive (art. 300, comma 2);
                     -  riservato allo Stato, ed in particolare al Ministro dell’Ambiente e della
               tutela del territorio, il potere di agire, anche esercitando l’azione civile in sede
               penale, per il risarcimento del danno ambientale, in forma specifica e, se neces-
               sario, per equivalente patrimoniale (art. 311);
                     -  mantenuto “in ogni caso fermo il diritto dei soggetti danneggiati dal
               fatto produttivo di danno ambientale, nella loro salute o nei beni di loro pro-
               prietà, di agire in giudizio nei confronti del responsabile a tutela dei diritti e
               degli interessi lesi” (art. 313, comma 7, secondo periodo);
                     -  conseguentemente abrogato la Legge n. 349 del 1986, art. 18, con la sola
               eccezione del comma 5, che riconosce alle associazioni ambientaliste il diritto
               di intervenire nei giudizi per danno ambientale.
                     In questo modo, rammenta in sentenza la Corte Suprema, si è avuto un
               ridimensionamento del ruolo degli enti locali, ai quali è stata espressamente
               attribuita la sola facoltà di sollecitare l’intervento statale (art. 309) e di ricorrere
               in caso di inerzie o omissioni (art. 310), ma non la legittimazione ad agire ed
               intervenire in proprio per il risarcimento del danno ambientale, rientrando nella
               esclusiva pertinenza statale i profili strettamente riparatori dell’ambiente in sé.
                     Resta però salva la possibilità per detti enti, al pari di ogni altro soggetto
               danneggiato “dal fatto produttivo di danno ambientale”, di agire per il risarci-
               mento dei danni diversi, derivanti dalla lesione di interessi locali specifici e dif-
               ferenziati di cui sono portatori, ad essi eventualmente arrecati .
                                                                           (2)

               (2)   Vedi Sez. Terza, n. 755 del 28 ottobre 2009 - dep. 11 gennaio 2010, CIARONI, Rv. 246015.

                                                                                        123
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