Page 57 - Rassegna 2019-1
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MODIFICHE AL CODICE PENALE E ALTRE DISPOSIZIONI
                                   IN MATERIA DI LEGITTIMA DIFESA



                  Il testo è non solo ambiguo, ma contraddittorio, perché se l’intrusione è stata
             «posta in essere» vuol dire che è già avvenuta e quindi non può più essere respinta.
                  Il respingimento postula che l’azione difensiva si diriga contro un’intrusio-
             ne in fieri. Una volta compiuta quest’ultima, chi agisce lo fa per respingere non
             l’intrusione,  ma  le  sue  conseguenze,  che  possono  essere  in  concreto  le  più
             diverse: aggressione alla sfera patrimoniale o a quella personale o, persino, mero
             sopralluogo  preparatorio,  eseguito  magari  dall’intruso  nella  convinzione  che
             non vi sia nessuno.
                  Ora, se questa lettura fosse esatta, la nuova legge consentirebbe (rectius,
             potrebbe essere intesa dall’interprete nel senso di consentire) la difesa, anche
             armata, contro qualsiasi pericolo, sebbene:
                  a) ricadente non sulla persona, ma su beni patrimoniali (cioè nel difetto di
             reale proporzione difesa/offesa);
                  b) non attuale, ma potenziale (cioè in assenza di “attualità” della minaccia);
                  c) evitabile con altri mezzi (ergo, senza necessità);
                  d) non vi sia “costrizione” (ad esempio, perché il difensore abbia “atteso”
             passivamente o “provocato” l’intrusione al fine di reagire).
                  La gravità di simili risultati sarebbe evidente: e sarebbe rafforzata se le
             parole «posta in essere» si intendessero estensivamente, sì da comprendere il
             tentativo di intrusione.

                  2. Occorre a questo punto comprendere se gli esiti descritti siano scongiu-
             rati dalla seconda parte dell’articolo 52, comma 4 c.p., ove si chiarisce che l’in-
             trusione deve essere stata posta in essere «con violenza o minaccia di uso di
             armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone».
                  È tuttavia lecito dubitarne. Se, infatti, si desse il giusto séguito al criterio
             letterale  dell’interpretazione,  sarebbe  consequenziale  ritenere  che  la  violenza
             (che nel nostro sistema penale può ben essere “sulle cose” e non “sulle perso-
             ne”)  o  la  minaccia  costituiscano  mezzi  per  realizzare  l’intrusione,  non  per
             aggredire chi reagisca. In altri termini, sarebbe permesso sparare a chi abbia for-
             zato una porta d’ingresso o una finestra con arnesi da scasso, atti a funzionare
             (anche) come “mezzi di coazione fisica”: situazione che oggi non rientrerebbe
             nella difesa legittima, mancando in ogni caso la proporzione e, verosimilmente,
             la stessa necessità difensiva, oltre all’attualità del pericolo.
                  Dunque, se si volesse subordinare la facoltà di reagire all’esistenza di un
             pericolo di violenza o di una minaccia “alla persona”, andrebbe utilizzata una
             formula diversa (basterebbe riferire il respingimento alla violenza o alla minac-
             cia, così da chiarirne la necessaria sussistenza e attualità).

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