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STUDI GIURIDICO-PROFESSIONALI
Tuttavia, soffermandosi sul ruolo dell’Autorità Nazionale Anticorruzione,
è stata proposta una diversa lettura: questa concentrazione di competenze,
“apparentemente alluvionale”, risponderebbe a un disegno razionale caratteriz-
zato dall’organicità della struttura, dalla competenza dei soggetti coinvolti, dalla
partecipazione dei portatori d’interessi qualificati - i cosiddetti stakeholder - e
dalla flessibilità della regolazione, capace, pertanto, di adattarsi rapidamente ai
mutamenti del contesto di riferimento . Un disegno, invero, coerente con i
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valori tradizionalmente attribuiti al moderno Stato di diritto poiché, nonostante
le torsioni conseguenti all’introduzione dell’inedito modello di amministrazione
costituito dalle authorities, il legislatore ha sviluppato appositi meccanismi isti-
tuzionali capaci di ricondurre il sistema dell’anticorruzione nell’alveo della legit-
timità democratica tramite il ricorso alla partecipazione civica e a nuove forme
di “responsabilità politica diffusa”, consentendo all’ANAC di operare “nel
pieno rispetto dei principi di partecipazione, contraddittorio e leale collabora-
zione tra vigilante e vigilato ”.
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Le due strade tracciate dalla dottrina, finora delineate, possono essere rite-
nute entrambe percorribili poiché, sebbene giungano a conclusioni differenti,
partono da un medesimo presupposto: la carenza di accountability e di legittima-
zione democratica delle Autorità indipendenti e la parallela concentrazione di
poteri in capo a una sola di queste. Un presupposto, quest’ultimo, che ha il pre-
gio di indicare la strada al legislatore, il cui compito in materia è oggi assai
arduo, dovendosi confrontare con un contesto segnato dal susseguirsi di cam-
biamenti epocali: dal dominio della finanza internazionale alle migrazioni di
massa, dal terrorismo di matrice islamica al sempre fiorente mercato della
droga, dall’economia globale al globalismo politico. Un contesto in cui le mafie
sanno muoversi con estremo dinamismo e disinvoltura, coltivando interessi
economici e politici in tutto il mondo, radicando le proprie strutture negli
ambienti più insospettabili. Il Generale dalla Chiesa, avendo compreso questa
eccezionale capacità espansiva della criminalità organizzata, affermò: “chiunque
pensi di combattere la mafia nel “pascolo” palermitano e non nel resto d’Italia
non farebbe altro che perdere tempo ”.
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Una lezione valida ancora oggi, poiché questa lotta, lungi dall’essersi con-
clusa, dovrà essere portata sul piano globale affinché possa esserci vittoria.
(40) F. GIUFFRÈ, cit., pag. 29.
(41) Ibidem.
(42) Da un’intervista concessa a Giorgio Bocca e apparsa su la rePubblICa il 10 agosto 1982.
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