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LA NOZIONE DI AMMINISTRAZIONE MILITARE NEL REATO DI TRUFFA PER INDEBITA
                                        PERCEZIONE DI EMOLUMENTI



                    Più in generale, comunque, appare opportuno osservare che la scelta legi-
               slativa di dotare l’apparato statuale di una Forza di polizia ad ordinamento mili-
               tare con competenza generale (art. 159 C.O.M.), chiamata ad operare in un con-
               testo  caratterizzato  dalla  estrema  complessità  dei  fenomeni,  conferisce  alla
               “militarità” della sua organizzazione un connotato che non può di volta in volta
               emergere o scomparire a seconda del tipo di servizio prestato, ovvero dei sog-
               getti che ne fruiscono o del comparto da cui provengono le poste di bilancio
               messe a disposizione della Forza armata per il perseguimento dei suoi compiti
               istituzionali, siano essi “ordinari” o “speciali”.
                    A ben vedere lo strumento militare, in ogni circostanza in cui viene impie-
               gato, non può essere altro se non ciò che esso è, con tutte quelle peculiari carat-
               teristiche che ne connotano la struttura e il funzionamento rispetto alle altre
               organizzazioni non militari.
                    Proprio per tale ragione è necessario che le attività operative affidate a una
               qualsiasi compagine militare siano autorizzate e disciplinate da specifici atti nor-
               mativi di livello primario, che diano ad esse alta copertura politica e legale, sulla
               base del positivo riconoscimento della rilevanza pubblica degli interessi da salva-
               guardare. Solo così possono trovare adeguata giustificazione anche gli specifici
               presidi, sia disciplinari che penali, tipici dell’organizzazione militare e si assicura
               che l’impiego della Forza armata avvenga nel rispetto dei principi costituzionali.
                    Tutto ciò per dire che difficilmente, quando si tratta di servizi affidati alle
               Forze armate o ai Corpi militari dello Stato, può parlarsi, come evocato dalla
               Suprema Corte, di attività o di rapporti di tipo privatistico. Per un verso sarebbe
               come riconoscere la possibilità che i nostri militari siano inquadrati, come i
               dipendenti degli istituti privati di vigilanza, sulla base di un rapporto meramente
               contrattuale con il soggetto beneficiario che provvede al pagamento (peraltro
               in via mediata) del servizio e, per altro verso, si minerebbe in radice l’essenza
               stessa della militarità, che non può prescindere dal costante rispetto, nelle atti-
               vità di servizio, delle sue peculiari regole.
                    Con riguardo a tale ultimo profilo, nessuno dubita, ad esempio, che l’or-
               dine impartito da un militare ad un suo subordinato nel corso di una operazione
               di ordine pubblico trovi tutela nell’art. 173 del codice penale militare di pace, e
               ciò anche se il coordinamento di tali attività sia affidato all’autorità di pubblica
               sicurezza  e  sussista  per  tale  materia  la  dipendenza  funzionale  dell’Arma  dei
               Carabinieri dal Ministro dell’Interno (art. 162, comma 1, lett. b) del C.O.M.);
               oppure che sia attinente al servizio e alla disciplina, ai sensi dell’art. 199 c.p.p., la
               condotta di chi offenda un superiore per cause legate all’attività di tutela dell’am-
               biente, anch’essa inserita tra i compiti speciali di cui all’art. 16 del D.Lgs. 297/2000.


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