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LA NOZIONE DI AMMINISTRAZIONE MILITARE NEL REATO DI TRUFFA PER INDEBITA
                                        PERCEZIONE DI EMOLUMENTI



                    È necessario, quindi, ad avviso di chi scrive, procedere caso per caso a
               focalizzare tre circostanze di fatto che risultano fondamentali per delineare un
               esatto inquadramento della questione; esse sono rappresentate dalla provenien-
               za, dalla destinazione d’impiego e dalle modalità di gestione delle somme di
               denaro oggetto di indebita locupletazione, con l’avvertenza che non sempre vi
               è stata, anche da parte della giurisprudenza di legittimità, una adeguata conside-
               razione della loro specifica portata qualificante ai fini che qui interessano.
                    Così  delineato  il  tema  in  via  generale,  passiamo  a  verificare  come  la
               Suprema Corte ha affrontato il problema, e prendiamo le mosse dalla recentis-
               sima sentenza qui in commento, in cui si è ritenuto, dichiaratamente in linea con
               la precedente giurisprudenza , che: “L’amministrazione militare deve intendersi
                                           (3)
               circoscritta nelle strutture occorrenti per l’organizzazione del personale e dei
               mezzi materiali destinati alla difesa armata dello Stato e i beni in dotazione della
               stessa si identificano in quelli che, a norma delle leggi sulla contabilità generale
               dello Stato (r.d. 18 novembre 1923, n. 1440 e successive integrazioni e modifi-
                                                         (4)
               che), sono amministrati dal Ministero della difesa o dai Corpi militari (per i quali
               occorre fare riferimento al T.U. approvato con r.d. 2 febbraio 1928, n. 263)”.
                    In  motivazione  i  giudici  tengono  però  a  precisare,  per  converso,  che:
               “Non  possono,  invece,  ai  sensi  dell’art.  1,  comma  ultimo,  r.d.  18  novembre
               1923 , essere ritenuti appartenenti all’Amministrazione militare i beni assegnati
                    (5)
               ad altri Ministeri per uso degli stessi o dei servizi da essi dipendenti o da essi
               amministrati, ovvero quelli che rappresentano oggetto di gestione sotto un pro-
               filo esclusivamente privatistico”.
                    Il complessivo ragionamento dei giudici di legittimità, pur presentando,
               come vedremo a breve, alcuni passaggi discutibili, ha comunque correttamente
               affermato  l’importanza  determinante,  ai  fini  del  riconoscimento  del  danno
               all’amministrazione militare, da un lato della riconducibilità alle Forze armate
               dello Stato dell’organizzazione cui appartiene il soggetto attivo del reato e dal-
               l’altro lato della circostanza che le somme indebitamente percepite siano desti-
               nate  all’“espletamento  di  attività  rientranti  nei  compiti  d’istituto  propri  del
               Corpo di appartenenza”, e ciò a prescindere dalla loro provenienza da un mini-
               stero diverso da quello della Difesa.

               (3)   Sono citate nella motivazione: Sez. Un., n. 1 del 16 marzo 1974, Sturniolo; Sez. 1, n. 1410
                    del 19 gennaio 2000, Pellegrino; Sez. 1, n. 3491 del 31 gennaio 2000, Perarca; Sez. 1, n. 30723
                    del 3 marzo 2015, Piccolo.
               (4)   Il numero del regio decreto, in realtà, è 2440 e non 1440, come erroneamente indicato in sentenza.
               (5)   La norma citata così recita: Ciascun ministero provvede all’amministrazione dei beni mobili
                    assegnati ad uso proprio o di servizi da esso dipendenti, salve le disposizioni speciali riguar-
                    danti i mobili di ufficio.
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