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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
La definizione di traffico di essere umani è tratta dal Protocollo addizio-
nale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata
transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in partico-
lare di donne e bambini (Protocollo di Palermo).
Trafficanti di esseri umani in senso comune sono poi anche coloro che
facilitano l’attraversamento da parte dei migranti di rotte terrestri e marine per
lasciare un Paese e giungere in un altro Paese. Gli scafisti, per esempio, sono
tradizionalmente considerati trafficanti di esseri umani. Se così è dal punto di
vista del linguaggio comune e della morale, la condotta dello scafista non cor-
risponde a quella tipica del reato di traffico di esseri umani. Piuttosto, a quello
del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La distinzione è presente
nella stragrande maggioranza degli ordinamenti giuridici, fra cui l’Italia.
Ciò precisato, per rispondere alla domanda che è il tema centrale di questo
articolo, se trafficanti di esseri umani possono essere chiamati a rispondere del
loro crimine davanti alla Corte Penale Internazionale, si può partire dalla que-
stione della giurisdizione ratione territori e ratione personae.
La Libia non ha ratificato lo Statuto della Corte Penale Internazionale.
Pertanto, a regola, crimini commessi sul territorio libico da individui di naziona-
lità di altri Paesi che ugualmente non sono parte dello Statuto, o da cittadini libi-
ci, non rientrerebbero nella giurisdizione della Corte. La situazione libica è però
stata riferita alla giurisdizione obbligatoria della Corte dal Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite, con Risoluzione 1970/2011. In realtà, la Risoluzione ha
riferito alla Corte una situazione ben specifica, vale a dire quella relativa ai crimi-
ni commessi nel 2011 dal regime del Colonnello Gheddafi nel tentativo di repri-
mere la rivolta che poi, di fatto, ha portato alla sua caduta e alla guerra civile.
Nonostante la specificità del referral, la Corte ha interpretato la Risoluzione in
maniera estensiva, ricomprendendovi anche condotte lontane nel tempo, e forse
anche nella sostanza, a quelle sottoposte dal Consiglio alla sua attenzione. Non
c’è bisogno di entrare nel merito dell’opportunità di questo approccio in questa
sede. È sufficiente rilevare che la Corte ritiene di avere giurisdizione anche sulle
condotte che attualmente avvengono in Libia.
Per quel che concerne la cosiddetta rotta di migrazione balcanica, e che inte-
ressa migranti provenienti dalla Siria, dall’Iraq e dall’Afghanistan, la situazione è
la seguente. L’Afghanistan ha ratificato lo Statuto della Corte Penale
Internazionale: pertanto, la Corte ha giurisdizione ratione territori sui crimini com-
messi nel Paese. La Siria e l’Iraq, invece, non sono parte dello Statuto della Corte,
né sono stati oggetto di un referral alla Corte da parte del Consiglio di Sicurezza.
Tale referral non appare probabile, atteso il sostanziale blocco del Consiglio sulle
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