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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
La relazione transatlantica non conosce certo un momento di particolare
intensità, soprattutto sulla base dell’assunto che gli USA portano troppo il peso
economico della difesa comune - e l’Alleanza Atlantica fu definita, in campagna
elettorale, semplicemente obsoleta. Al vertice NATO di Bruxelles, lo scorso
luglio, Trump ha esortato con veemenza gli alleati ad aumentare le spese per la
crescita militare. Trump non intende, verosimilmente, lavorare per chiudere la
struttura portante della sicurezza occidentale, ma vuole diminuirne il costo per
gli Stati Uniti. Onestamente, dal loro punto di vista, la posizione è comprensi-
bile. Ciò potrà indurre, forse, a un’accelerazione del faticoso percorso verso
una sicurezza europea “autonoma”, non alieno al pensiero soprattutto francese
e tedesco.
Difficile esprimere un’opinione fondata sulle relazioni con la Russia, a
indagini federali pienamente in corso. Pur forzandosi di superare il pregiudizio,
secondo il quale il dialogo (o forse il semplice contatto!) fra i vecchi nemici della
guerra fredda possa risultare comunque esecrabile e nocivo, non sembrano
chiari e soprattutto univoci i rapporti fra Mosca e Washington, nel senso che
sintonia e astio si alternano con sorprendente rapidità.
In merito ai probabili, delicatissimi rapporti pre-elettorali fra la futura
amministrazione Trump e influenti interlocutori russi, resta il sospetto che que-
sti ultimi abbiano favorito l’ipotesi di una presidenza statunitense tollerante nei
confronti dei loro interessi, o semplicemente portatrice di una politica incerta e
condizionabile.
Il tema dell’immigrazione negli USA, nel quale rientra la questione del
famoso muro sul confine messicano, è di ottimo sostegno alla tesi che l’ammi-
nistrazione voglia mostrarsi forte con l’esterno e protettiva verso i cittadini nor-
damericani. Perlopiù, tale tema ha riservato al presidente occasione per clamo-
rose smentite da organi federali e cadute d’immagine in giro per il mondo. Ma
a uno zoccolo duro di suoi elettori comunque piace. Se Trump è riuscito a limi-
tare i danni alle elezioni “mid-term”, come si vedrà poi, è anche grazie alla dura
reazione di fronte alla minaccia di una nuova ondata migratoria clandestina al
confine messicano.
Una considerazione finale sulla Cina, con la quale Trump sembra in fondo
disposto a condividere un ruolo di condominio, almeno nell’area Asia-Pacifico.
Le bellicose dichiarazioni pre-elettorali sulla concorrenza sleale del commercio
cinese lasciano il posto a un realistico riconoscimento della continua crescita del
colosso asiatico, peraltro indispensabile per evitare una degenerazione della
vicenda nordcoreana, gestita da Trump (quanto meno, pubblicamente) in modo
spesso inopportuno, almeno nel primo scorcio della sua presidenza.
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